Vediamo, quindi, più nel dettaglio cosa comporta questa decisione del Tar.
Ebbene, il Ministero della Salute, sotto la guida di Orazio Schillaci, aveva incluso, all’interno della tabella B delle sostanze stupefacenti, anche il cannabidiolo (Cbd), consentendone così la produzione esclusivamente da parte di aziende farmaceutiche autorizzate. Questo restringeva notevolmente l'accesso al prodotto da parte dei consumatori, poiché diventava necessario disporre di una ricetta medica specifica per poterlo acquistare.
Il Cbd, ovvero il principio attivo della canapa, è riconosciuto come non psicotropo, in quanto privo di effetti “droganti”, sia dalla medicina in generale che dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Esso, infatti, è noto per i suoi effetti calmanti e talvolta antidolorifici. Di conseguenza, i prodotti a base di Cbd, come creme e alimenti venduti nei negozi di cannabis light e tabaccherie, rimangono accessibili; tuttavia, è possibile un inasprimento delle norme.
Il nuovo Ddl Sicurezza, proposto dal Governo, recita testualmente: “è vietata l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa (cannabis sativa L.) coltivata, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati”. La violazione di tali disposizioni comporta l’irrogazione delle sanzioni previste dal Testo Unico sugli Stupefacenti, D.P.R. 309/1990.
Ciò significa che la cannabis light, che contiene meno dello 0,2% di Thc (il componente psicotropo della pianta), verrebbe equiparata alla cannabis “tradizionale”, considerata illegale in Italia, ai sensi del citato T.U. Stupefacenti. Questo rappresenterebbe un drastico cambiamento rispetto alla legge del 2016, che permetteva la coltivazione della canapa industriale con bassi livelli di Thc.
Secondo il Forum sulle droghe, questa criminalizzazione della cannabis light avrebbe conseguenze giuridiche assurde, dal momento che si andrà a punire chiunque produca o consumi infiorescenze prive di effetti psicoattivi con sanzioni penali e amministrative, previste per le sostanze stupefacenti vere e proprie.
Un portavoce dell’associazione Ici ha dichiarato che il Tar ha accolto le loro obiezioni, riconoscendo il potenziale danno irreparabile per l’intero settore e ha così sospeso il decreto in attesa del giudizio di merito. Questa è vista come una vittoria per il settore della canapa industriale, che rischiava di subire gravi perdite economiche e sociali. L’applicazione del decreto avrebbe potuto causare conseguenze legali molto serie per gli operatori del settore, inclusa la possibilità di incriminazioni per reati in materia di sostanze stupefacenti.
Infatti, secondo alcune stime, se la norma venisse approvata, sarebbe impossibile continuare a vendere prodotti derivati dalla canapa, indipendentemente dal loro impatto sul corpo umano. Il settore in questione genera un giro d'affari di circa 150 milioni di euro all'anno. Senza una regolamentazione favorevole, tali introiti potrebbero finire nelle mani della criminalità organizzata.
Di fronte a questa prospettiva, molte imprese stanno già pianificando ricorsi legali e annunciando atti di disobbedienza civile, continuando a vendere i loro prodotti fino a una decisione definitiva dei tribunali.
Questo non è il primo tentativo di limitare la vendita dei derivati dalla pianta di canapa: già nel 2019, infatti, l'allora ministro degli Interni Matteo Salvini propose di chiudere tutti i negozi di cannabis light, mentre nel 2020 il Ministero della Salute, allora sotto la guida di Roberto Speranza, tentò di includere i liquidi contenenti Cbd tra le sostanze stupefacenti, una decisione però ritirata dopo l’insorgere di varie polemiche politiche. Da ultimo, sempre nel 2020, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli richiese alle tabaccherie, quale condizione per il rinnovo delle licenze, un’autocertificazione nella quale le stesse si impegnavano a non vendere prodotti derivati dalla canapa sativa.
Ma quali sono i prodotti effettivamente coinvolti da queste restrizioni? Si parla di alimenti contenenti "cannabis light" come semi, pasta e pane, fino a oli, creme e liquidi per sigarette elettroniche. In sostanza, ogni derivato della canapa potrebbe essere colpito dalle nuove norme, portando alla chiusura di negozi specializzati e tabaccherie, che quindi non potrebbero più commercializzare tali prodotti.