Il fondamento giuridico di questo potere è noto. La disciplina delle indagini finanziarie fornisce all’Amministrazione un ampio ventaglio di strumenti, tra cui la possibilità di utilizzare i dati bancari come strumento di ricostruzione del reddito. Versamenti e bonifici in entrata possono essere considerati, in via presuntiva, reddito imponibile non dichiarato. In questo caso, l’onere della prova grava sul contribuente, il quale deve dimostrare che quelle somme non hanno natura reddituale.
La giurisprudenza di legittimità, nel tempo, ha cercato di evitare un eccesso di derive automatiche. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il mero riscontro contabile non è sufficiente, ma occorre una valutazione concreta delle circostanze.
In questo scenario si inserisce una recente decisione della giustizia tributaria che ha riportato l’attenzione su un aspetto spesso trascurato, ossia il ruolo del sostegno familiare. La vicenda nasce da una verifica nei confronti di una società, alla quale l’Agenzia delle Entrate aveva imputato come ricavi non dichiarati varie somme accreditate sul conto. Tra queste figuravano anche trasferimenti provenienti da stretti familiari dell’imprenditore, persone con redditi certi e già assoggettati a imposizione.
Dopo una prima decisione sfavorevole, il giudizio di secondo grado ha cambiato radicalmente prospettiva. Con la sentenza n. 4378 del 31 dicembre 2024, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia ha affermato che il passaggio di denaro tra familiari, di per sé, non giustifica automaticamente l’attribuzione di un reddito imponibile. Per sostenere una simile tesi, il Fisco deve dimostrare un collegamento effettivo tra quelle somme e un’attività economica produttiva di reddito.
Secondo i giudici, l’aiuto economico all’interno della famiglia è un comportamento normale, fisiologico, che non può essere automaticamente assimilato a una forma di arricchimento occulto. Il fatto che chi effettua il bonifico disponga di redditi già tassati e facilmente verificabili rafforza ulteriormente questa conclusione. In assenza di elementi contrari, il trasferimento conserva la sua natura lecita.
Ciò non significa, però, che si possa agire con leggerezza. Un dettaglio apparentemente secondario, come la causale del bonifico, assume un valore strategico. Specificare in modo chiaro il motivo del trasferimento consente di prevenire equivoci e di ricostruire agevolmente il contesto dell’operazione. Espressioni semplici, ma esplicative, sono spesso sufficienti a evitare contestazioni future.
Rimane infine il tema, piuttosto delicato, della qualificazione giuridica di questi trasferimenti. Non ogni aiuto economico è una donazione in senso tecnico. La donazione, sul piano civilistico, richiede regole precise e, di norma, l’intervento del notaio. La Cassazione ha chiarito che il bonifico non è la donazione, ma solo il mezzo attraverso cui essa viene eseguita. Dal punto di vista fiscale, la distinzione tra donazioni dirette e indirette diventa decisiva. È proprio sulle donazioni indirette che si concentra l’attenzione del Fisco. Se emergono in sede di controllo o vengono volontariamente registrate, possono generare un obbligo impositivo, con aliquote che arrivano fino all’8%, indipendentemente dal vincolo familiare.