Nel caso esaminato dalla Cassazione, la proprietaria di un immobile aveva agito in giudizio nei confronti del proprio vicino di casa, lamentandosi del fatto che quest'ultimo aveva realizzato, sull'adiacente lastrico solare, una porta, in violazione delle norme riguardanti le distanze delle vedute, di cui all’art. 905 c.c.
Il vicino di casa decideva di non partecipare nemmeno al giudizio e il giudice di primo grado, sulla base degli accertamenti tecnici effettuati in corso di causa, giungeva alla conclusione che la porta realizzata dal vicino fosse irregolare e ne ordinava la rimozione.
Il vicino di casa, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte d’appello, la quale, in riforma del provvedimento di primo grado, escludeva che la porta costruita dal vicino rientrasse nella nozione di “veduta”, di cui all’art. 905 c.c.
L’attrice di primo grado, dunque, si rivolgeva alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo la ricorrente, in particolare, la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto che l’apertura della porta sul lastrico solare adiacente al suo immobile non comportasse la violazione delle norme dettate in tema di distanze tra costruzioni.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione alla ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che, nel caso di specie, appariva pacifico che dalla porta oggetto di contestazione era possibile affacciarsi sul lastrico solare adiacente alla proprietà della ricorrente da una distanza di 0,75 metri dal confine, inferiore a quella minima prevista dalla legge, pari a 1,5 metri.
Evidenziava la Cassazione, inoltre, che, in tema di limitazioni legali della proprietà, anche le porte possono considerarsi “vedute”, almeno quando “risulti obiettivamente possibile, in via normale, per le particolari situazioni o caratteristiche di fatto, anche l'esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino” (Cass. civ., sent. n. 499 del 2006).
In altri termini, le porte soggiacciono alla normativa civilistica dettata in tema di distanze delle vedute (art. 905 c.c.), quando dalle stesse sia possibile affacciarsi e guardare su o verso il fondo del vicino.
Nel caso in esame, invece, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva erroneamente escluso che la porta in questione rappresentasse una “veduta”, basando tale valutazione sulla sola considerazione del materiale in cui la stessa era stata realizzata e senza tener conto dello stato dei luoghi.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla ricorrente, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.