A stabilirlo è stata la Cgt Friuli-Venezia Giulia, con la sentenza 154/1/2024, che ha confermato quanto statuito dal giudice di primo grado, il quale si era pronunciato a favore dei due coniugi proprietari di un B&B e affittacamere, in un contenzioso con l’amministrazione finanziaria sugli avvisi di accertamento ricevuti.
La questione ruotava attorno alla natura occasionale dell’attività di affittacamere svolta dai due coniugi. Dal canto suo, l’Agenzia delle Entrate invece sosteneva che si trattasse di attività d’impresa e che, pertanto, fosse necessario aprire la partita Iva e conformarsi alla normativa fiscale e contabile prevista per le attività imprenditoriali.
La controversia giungeva, quindi, in tribunale e il giudice di primo grado si pronunciava a favore della coppia. Come detto, la Cgt in appello ha confermato la pronuncia di primo grado, per cui l’attività di affittacamere può essere svolta senza partita Iva, a condizione che manchino gli elementi tipici di un’attività d’impresa, come l’organizzazione professionale e la struttura aziendale.
Il punto cruciale del caso è rappresentato dalla legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 2/2002, che disciplina l’attività di bed and breakfast e affittacamere e si affianca ai regolamenti comunali in vigore. In particolare, le disposizioni richiamate regolano l’attività di B&B esercitata da chi, nella propria abitazione, offre alloggio e colazione, con un limite di tre camere e sei posti letto e con carattere stagionale o saltuario, impiegando un’organizzazione familiare.
Nella loro sentenza, i giudici della Corte di Giustizia Tributaria del Friuli-Venezia Giulia hanno richiamato una precedente ordinanza della Cassazione (32034/2019), che in materia di contributi previdenziali aveva ribadito che “è assente la professionalità nel caso di un bed and breakfast che si attiene alle prescrizioni della legge regionale”.
Gli avvocati dei coniugi hanno inoltre dimostrato che i loro assistiti hanno rispettato tutte le normative regionali vigenti. In particolare, la loro attività era conforme:
- al numero di camere destinate all’attività;
- ai servizi offerti, prestati esclusivamente da membri della famiglia;
- all'intermittenza dell’apertura dell’attività, con chiusure periodiche in linea con la normativa di riferimento.
In conclusione, i giudici tributari hanno affermato che, nel caso di specie, si ravvisa un “chiaro elemento di una gestione basata sulla normale organizzazione familiare, in base alla quale l’ospitalità viene concessa secondo la disponibilità e volontà della famiglia”.