(massima n. 1)
Ad integrare il possesso ad usucapionem di una servitù prediale è necessario che, con l'esercizio continuo ed ininterrotto di una attività a vantaggio di un fondo e a carico di un altro, si accompagni anche l'intento di comportarsi e farsi considerare come titolare di quel diritto reale a cui corrisponde la concreta attuazione del potere di fatto. (Nella specie la Suprema Corte, enunciando il surriportato principio, ha escluso potersi ravvisare esercizio di fatto della servitù di tenere costruzioni a distanza inferiore a quella legale rispetto al fondo vicino, nell'avere il locatario di un cortile eseguito illegittimamente nello stesso dette costruzioni, senza che fosse dimostrato che il locatore, dante causa di chi pretendeva di unire tale possesso al proprio ai fini dell'usucapione della servitù, avesse acconsentito alla nuova destinazione del cortile e l'avesse accettata, comportandosi di conseguenza con l'animus rem sibi habendi).