(massima n. 3)
La facoltà di attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e l'eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Ne consegue che la legge processuale non ammette l'esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione soggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la carenza d'interesse dell'imputato - che aveva patteggiato la pena per il delitto di spaccio di modica quantità di stupefacenti, vedendosi confiscare la somma ricavata dalla cessione - a impugnare il capo relativo alla confisca, sul rilievo che la questione relativa alla legittimità di quest'ultima era meramente teorica e astratta, una volta esclusa l'esistenza, per il cedente, in una cessione illecita per contrarietà a norme imperative, di un diritto a rientrare nella disponibilità del prezzo ricavato, e cioè la tutelabilità jure civili della sua pretesa, configurabile, pertanto, come interesse di mero fatto).