La norma in oggetto tutela il diritto di
proprietà delle cose immobili, nella propria interezza.
Essa si fonda sul fatto che non è possibile il furto di cose immobili e si configura in tutti i casi di rimozione dei termini apposti ad un bene immobile, non solo dal proprietario del bene medesimo. Se l'alterazione viene attuata non al fine di appropriazione, totale o parziale della cosa immobile altrui, ma al solo fine di esercitare un
preteso diritto, il colpevole non risponde di
usurpazione, ma di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art.
392).
///SPIEGAZIONE ESTESA
La norma in esame punisce chi, al
fine di
appropriarsi, in tutto o in parte, dell’
altrui cosa
immobile, ne
rimuova o
alteri i
termini, ossia quei segni o quelle cose che delimitano, in maniera artificiale o naturale, i confini tra due
beni immobili limitrofi.
Nonostante il legislatore abbia utilizzato l’espressione “chiunque”,
soggetto attivo del reato di
usurpazione può essere soltanto chi possiede la qualità di
proprietario o di
possessore dell’
immobile limitrofo a quello oggetto della condotta criminosa, o, in alternativa, chi lo
rappresenti.
La
condotta tipica consiste nel
rimuovere o nell’
alterare i termini che delimitano i confini di una
proprietà immobiliare. Non è, quindi, idonea ad integrare il
delitto in esame la condotta di chi, ad esempio, danneggi detti termini senza, però, rimuoverli o alterarli.
È
indifferente il
mezzo utilizzato dall’agente, purché non integri, di per sé, un
reato, posto che, in una tale ipotesi, si avrebbe un
concorso di reati.
“Rimuovere” significa togliere una cosa dal luogo in cui si trova per propria destinazione, annullando o rendendo inutile l’originaria linea di confine.
“Alterare” significa, invece, mutare la linea di confine segnata, in origine, dai termini.
Non si ha, dunque, né rimozione né alterazione se, nonostante il termine sia stato manomesso, non sia stata causata una modificazione o, comunque, l’incertezza della linea di confine.
Oggetto materiale del reato è la
cosa, fissa o mobile, destinata ad
indicare in maniera
permanente la linea di
confine tra due proprietà immobiliari, come nel caso di pali, pilastri, siepi o reti metalliche.
Non si può, dunque, trattare di segni che suddividono
internamente una
stessa proprietà, né di segni che delimitano in modo puramente
temporaneo un immobile.
La realizzazione dell'
evento tipico del reato di usurpazione coincide con il suo
momento perfezionativo ed è costituito dalla
modificazione della
relazione sussistente tra la cosa immobile e la sfera di dominio del proprietario o del possessore dell'immobile limitrofo, in seguito alla rimozione o all’alterazione degli elementi che la delimitavano.
Il delitto si considera, però,
consumato, non appena il
termine sia stato
rimosso o
alterato.
Non è, quindi, ammesso il
tentativo, non essendo rilevante una condotta che non concretizzi né una rimozione né un’alterazione dei termini che delimitano una proprietà.
È un
reato permanente e, ai fini della sua integrazione, è necessario che sussista, in capo all’agente, il
dolo specifico, quale coscienza e volontà di rimuovere o alterare i termini che delimitino una proprietà immobiliare, perseguendo il
fine specifico di
appropriarsi, in tutto o in parte, dell’
altrui cosa
immobile. Nel caso in cui l’agente abbia perseguito un
diverso scopo, sarà, dunque,
diverso anche il
reato da esso commesso, potendosi trattare, ad esempio, di un’ipotesi di esercizio arbitrario della proprie ragioni con
violenza sulle cose,
ex art. 392 del c.p.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA