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Articolo 252 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Sequestro conseguente a perquisizione

Dispositivo dell'art. 252 Codice di procedura penale

1. Le cose rinvenute a seguito della perquisizione sono sottoposte a sequestro con l'osservanza delle prescrizioni degli articoli 259 e 260(1).

Note

(1) Sussiste infatti un rapporto di logica consequenzialità tra perquisizione e sequestro.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui privilegiato una disciplina delle perquisizioni caratterizzata da un rafforzamento della dimensione garantistica, la cui ratio si ravvisa nell'esigenza di mostrare una maggiore sensibilità legislativa in relazione al profilo di incidenza di tale mezzo di ricerca della prova sui diritti di libertà tutelati costituzionalmente.

Spiegazione dell'art. 252 Codice di procedura penale

La perquisizione appartiene ai mezzi di ricerca della prova, caratterizzati dal fatto che sono funzionali a permettere l’acquisizione di tracce, notizie o dichiarazioni idonee ad assumere rilevanza probatoria. I mezzi di ricerca della prova non vanno confusi con i mezzi di prova che offrono invece al giudice dei risultati direttamente utilizzabili ai fini della successiva decisione.

Essendo la perquisizione un mezzo di ricerca della prova, è chiaro come le cose rinvenute debbano essere sottoposte a sequestro, al fine di consentire la conservazione della prova, dato che esiste una connessione di tipo logico-sostanziale tra perquisizione e sequestro. Altrimenti opinando la perquisizione sarebbe fine a sè stessa.

Massime relative all'art. 252 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 16094/2009

L'eventuale illegittimità della perquisizione per l'omissione dell'avviso all'indagato di farsi assistere da un difensore non inficia la validità dell'arresto in flagranza, operato all'esito dell'esecuzione dell'atto, e del conseguente sequestro obbligatorio di cose costituenti corpo del reato. (Fattispecie relativa all'arresto in flagranza per la detenzione di sostanza stupefacente rinvenuta e sequestrata all'esito di perquisizione domiciliare). (Rigetta, Trib.Teramo,sez.dist. Giulianova, 9 Marzo 2007).

Cass. pen. n. 6465/2007

Ai fini della legittimità del decreto di perquisizione e del conseguente sequestro, il "fumus" necessario per la ricerca della prova è quello inerente all'avvenuta commissione dei reati, nella loro materiale accezione, e non già alla colpevolezza del singolo, sicché il mezzo è ritualmente disposto anche qualora il fatto non sia materialmente accertato, ma ne sia ragionevolmente presumibile o probabile la commissione, desumibile anche da elementi logici. (Rigetta, Trib. lib. Terni, 18 Dicembre 2006).

Cass. pen. n. 45532/2005

In forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione stabilito dall'art. 568 cod. proc. pen., l'istituto del riesame non è applicabile al decreto di perquisizione, poiché manca l'espressa previsione di tale rimedio con riferimento al provvedimento "de quo". Tuttavia, qualora la perquisizione sia finalizzata al sequestro e i due decreti siano inseriti in un unico contesto, il riesame coinvolge anche la perquisizione, per la stretta interdipendenza delle due statuizioni, nei limiti, però, di un'indagine strumentale all'accertamento della legittimità del sequestro medesimo. Conseguentemente, in sede di riesame, i motivi che costituiscono autonoma censura della perquisizione non possono essere presi in considerazione. (Annulla con rinvio, Trib. lib. Ancona, 28 Giugno 2005).

Cass. pen. n. 1276/2003

Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei «casi» e nei «modi» stabiliti dalla legge, come prescritto dall'art. 13 Cost. si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell'inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253, comma primo, c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti. (Fattispecie relativa a perquisizione domiciliare, eseguita senza l'autorizzazione della competente A.G., nel corso della quale erano stati sequestrati circa trentuno grammi di cocaina. La S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che l'ufficiale di P.G., il quale abbia eseguito una perquisizione fuori dei casi e non nei modi consentiti dalla legge, non abbia l'obbligo, a causa dell'abuso compiuto, di sequestrare la cosa pertinente al reato rinvenuta nel corso di essa, quasi che l'arbitrarietà o l'illiceità della condotta, possa privare l'autore della qualifica soggettiva da lui rivestita).

Cass. pen. n. 1953/1997

Ai fini della legittimità del sequestro di cose ritenute corpo di reato o pertinenti al reato, effettuato dalla polizia giudiziaria all'esito di perquisizione disposta dal P.M., non è richiesto che le cose anzidette siano preventivamente individuate, dovendosi al contrario ritenere sufficiente che alla loro individuazione possa pervenirsi mediante il riferimento sia alla natura del reato in relazione al quale la perquisizione è stata disposta, sia alle nozioni normative di «corpo di reato» e «cosa pertinente al reato». (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stata esclusa l'illegittimità del sequestro di varia documentazione afferente alla struttura ed alle attività della cosiddetta «Guardia nazionale padana», effettuato all'esito di perquisizione disposta dal pubblico ministero in relazione all'ipotesi di reato di cui all'art. 1 del D.L.vo 14 febbraio 1948 n. 43, che prevede il divieto di associazioni di carattere militare).

In sede di riesame avverso decreto di sequestro emanato dal pubblico ministero, non avendo tale provvedimento natura di atto giurisdizionale, non è deducibile la pretesa violazione delle regole in materia di competenza per territorio.

Cass. pen. n. 5021/1996

Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei «casi» e nei «modi» stabiliti dalla legge, come prescritto dall'art. 13 Cost., si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell'inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253, primo comma, c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti. (Fattispecie relativa a perquisizione domiciliare, eseguita senza l'autorizzazione della competente A.G., nel corso della quale erano stati sequestrati circa trentuno grammi di cocaina. La S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che l'ufficiale di P.G., il quale abbia eseguito una perquisizione fuori dei casi e non nei modi consentiti dalla legge, non abbia l'obbligo, a causa dell'abuso compiuto, di sequestrare la cosa pertinente al reato rinvenuta nel corso di essa, quasi che l'arbitrarietà o l'illiceità della condotta possa privare l'autore della qualifica soggettiva da lui rivestita).

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Alberto L. chiede
lunedì 09/10/2017 - Sicilia
“Nel caso in cui, durante un sopralluogo o rilievi tecnici da parte della Polizia giudiziariaria, vengano fatti dei prelievi di sostanze biologiche, impronte dattiloscopiche o stub, si deve procedere al sequestro di esse in quanto fonti di prova od oggetti pertinenti al reato o no? Nel caso di specie, se su una tazzina, successivamente posta sotto sequestro, si procede al rilievo delle sostanze biologiche a mezzo di swab, quest’ultimo deve essere posto preventivamente sotto sequestro?”
Consulenza legale i 13/10/2017
Il caso di specie ha come oggetto il sequestro probatorio disciplinato dall’art. art. 354 del c.p.p. del c.p.p.

Il codice di rito, in breve, assegna alla Polizia Giudiziaria un potere di procedere al sequestro preventivo o probatorio che poi deve essere convalidato dal P.M. o dal Giudice.

Le cose pertinenti al reato sono assoggettate a sequestro solo se ciò è indispensabile a fini probatori, mentre il corpo del reato può essere sequestrato anche se tale nesso strumentale con le esigenze investigative non sia evidente.

Per quanto intuitivo, è bene osservare che il presupposto del sequestro probatorio ex art. 354 c.p.p. è la commissione di un reato, anche accertato in via incidentale nella sua astratta configurabilità.

L’esame Swab rientra in un’operazione urgente e non ripetibile di natura materiale rientrante nella fattispecie disciplinata dal secondo comma dell’art. art. 354 del c.p.p. del cpp.

Sono atti irripetibili, ai sensi dell'art. 354 c.p.p., quelli mediante i quali la polizia giudiziaria prende diretta cognizione di fatti, situazioni e comportamenti umani, dotati di una qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili, per la loro natura, di subire modificazioni o, addirittura, di scomparire in tempi più o meno brevi, così che, in seguito, potrebbero essere soltanto riferiti” (Cassazione Penale, seziona IV, 17/01/2017 n. 20325).

Per rispondere al quesito, quindi, la tazzina, quale cosa pertinente al reato dovrà essere sottoposta a sequestro dalla P.G. e tale condotta dovrà poi essere convalidata dal Pubblico Ministero.

Lo Swab, invece, rappresenta un’attività di indagine contenente una valutazione tecnica, ovvero quale sia il profilo genetico della saliva contenuta sulla tazzina (oppure l’impronta digitale). Tale attività non deve essere sottoposta a sequestro.