L’art. 276-
bis c.p.p. è stato introdotto dall’art. 15, comma 2 del c.d. Decreto Sicurezza (D.L. n. 48 dell’11 aprile 2025 convertito in L. n. 80 del 9 giugno 2025) e si inserisce all’interno di un intervento che ha coinvolto la disciplina processuale dell’
esecuzione penale e, in modo particolare, della detenzione delle madri con figli minori.
La nuova disposizione prende in considerazioni
le detenute in istituti a custodia attenuata per detenute madri (c.d. ICAM)
che evadano (o tentino l’evasione) o che tengano condotte che compromettono l’ordine o la sicurezza pubblica o dell’istituto.
In queste ipotesi, il giudice dispone la
custodia cautelare in carcere nei loro confronti.
Come regola generale, la persona è condotta nell’istituto penitenziario
senza la prole (e, quindi, in linea di principio, il trasferimento in carcere non comporta che i figli minori del detenuto seguano il genitore nell’istituto). Se la prole non è condotta in carcere, il provvedimento di trasferimento viene comunicato ai
servizi sociali del comune ove il minore si trova e ciò al fine di consentire ai servizi sociali di intervenire a sostegno del minore stesso.
C’è un’
eccezione. Qualora vi sia un
preminente interesse della prole minore a seguire in carcere la madre, i figli minori seguiranno il genitore nell’istituto penitenziario. Però, è necessario che l’istituto sia dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.
Quanto stabilito dall’art. 276-
bis c.p.p. va letto nell’ambito di un contesto più ampio.
Infatti, per ciò che qui interessa, l’art. 15, comma 3 del c.d. Decreto Sicurezza (D.L. n. 48 del 2025 convertito in L. n. 80 del 2025) ha modificato l’
art. 285 bis del c.p.p. in relazione ai casi in cui la
custodia cautelare presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) possa essere disposta. Questa norma si riferisce alla situazione descritta dal comma 4 dell’
art. 275 del c.p.p.: cioè, il divieto di disporre o mantenere la custodia cautelare in carcere dell’imputato che sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente oppure che sia padre (qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo l’esistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che fanno venir meno tale divieto. In tal caso, il nuovo art. 285-
bis c.p.p. stabilisce un doppio regime: