L'articolo in oggetto è volto a temperare la gravosità della
custodia cautelare nei confronti delle imputati tenuti all'assistenza della prole.
Fatti salvi i consueti limiti di cui agli art.
274 e
275, per cui oltre alla necessaria sussistenza del pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, il giudice deve ritenere che sarà irrogata una pena detentiva superiore ai tre anni, la norma pone ulteriori delimitazioni all'applicabilità della custodia cautelare.
Tramite il richiamo al comma 4 dell'art. 275, si dispone che la
donna incinta o madre di prole di età inferiore ai sei anni, oppure il padre, qualora la madre sia impossibilitata ad assistere la prole, possono essere condotti, con gli stessi effetti della custodia cautelare (scomputo del periodo sofferto dalla pena detentiva finale), in un
apposito istituto.
Oltretutto, non sono sufficienti le solite esigenze cautelari, ma esse, per contro, devono essere di
eccezionale rilevanza, in modo da non consentire in alcun modo una misura cautelare meno afflittiva e restrittiva della
libertà personale.
L’istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM) si impernia su un modello organizzativo di tipo comunitario da realizzare in sedi esterne agli istituti penitenziari, dotate di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini e prive dei tradizionali riferimenti all’edilizia carceraria; all’interno dell’istituto, gli stessi agenti di Polizia Penitenziaria operano senza divisa.