La norma in commento codifica il principio secondo cui l'ente o l'
associazione che tutela un interesse collettivo o diffuso, al fine di poter esercitare gli stessi diritti della persona offesa all'interno del procedimento penale, devono prima ottenere il consenso di quest'ultima, dato che l'ente o l'associazione tutelano di riflesso gli interessi della vittima del reato.
Oltre ai reati che ledono gli interessi individuali della vittima del reato, esistono reati capaci di lede
interessi collettivi o diffusi (soprattutto in materia di reati ambientali
et similia).
In tali ipotesi
gli enti e le associazioni aventi finalità di tutela degli interessi lesi dal reato possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.
Occorre fare una precisazione: l'ente può essere qualificato direttamente come persona offesa se il reato lo lede direttamente, mentre, se manca tale presupposto e sussistono i requisiti di cui ala presente norma, l'ente può partecipare
al fianco della persona offesa dal reato, la quale acconsenta al suo intervento. Rilevano dunque in prima linea gli interessi della persona offesa, ed in seconda linea quelli dell'ente, possibilitato a partecipare
solo se la p.o. vi acconsenta. Ovviamente in alcuni reati non esiste alcuna persona fisica direttamente offesa (ad es. reati contro la
pubblica amministrazione o contro l'ambiente).
Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, e può anche essere revocato nelle stesse forme
. Al fine di evitare una indebita "commercializzazione" degli interessi in oggetto, il consenso può essere dato solo ad un ente o ad un'associazione, e se revocato non può comunque essere prestato in favore di altro ente o associazione.