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Articolo 374 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pronuncia a sezioni unite

Dispositivo dell'art. 374 Codice di procedura civile

(1) La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell'articolo 360 e nell'articolo 362 [142 disp. att.]. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite.

Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza (2).

Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.

Note

(1) Articolo così modificato con decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40.
(2) Si tratta di un potere discrezionale del Primo Presidente della Corte finalizzato a garantire la risoluzione dei conflitti interpretativi e ad indirizzare la giurisprudenza della stessa Corte in ordine a questioni particolarmente delicate.

Ratio Legis

Tra le principali funzioni attribuite alla Corte di Cassazione dalla legge fondamentale sull'ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) vi è quella di assicurare "l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni". Le Sezioni Unite perseguono tale missione essenzialmente nomofilattica ed unificatrice, finalizzata ad assicurare la certezza nell'interpretazione della legge (oltre ad emettere sentenze di terzo grado).

Spiegazione dell'art. 374 Codice di procedura civile

Questa norma è stata così sostituita dal D.lgs. n. 40 del 02.02.2006, con l’evidente scopo di rivitalizzare la funzione di nomofilachia che l’art. 65 Ordinamento giudiziario assegna alla Suprema Corte e che si estrinseca nell’attività di interpretazione armonica e di applicazione uniforme delle leggi.

Sotto il profilo pratico, il risultato di evitare il proliferare di indirizzi contrastanti, che farebbero venir meno la certezza del diritto, viene perseguito mediante la creazione di un vero e proprio vincolo interpretativo per le sezioni semplici e conseguentemente per i giudici di merito, i quali sono tenuti a conformare la propria decisione al principio di diritto enunciato dalle sezioni unite.

E’ ben possibile che una sezione semplice non condivida il precedente espresso dalle sezioni unite, ed in tal caso non potrà far altro che rimettere la decisione a queste ultime con ordinanza motivata.

La Corte di Cassazione, quando giudica a Sezioni Unite, giudica secondo uno schema differente da quello ordinario, in quanto la decisione non è presa da quattro consiglieri più un presidente, ma da otto consiglieri più un presidente.
I casi per cui l’art. 374 stabilisce la decisione a Sezioni Unite vengono espressamente sottratti, ai sensi del primo comma dell’art. 376 del c.p.c., al procedimento "filtro"; per essi, pertanto, non è prevista l'assegnazione del ricorso alla sezione ad hoc per la verifica dei presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dei nn. 1 e 5 del primo comma dell’art. 375 del c.p.c..
A seguito delle ultime riforme apportate al procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, quando i ricorsi non sono assegnati alle Sezioni Unite vengono assegnati alla Sezione VI, la quale decide normalmente in camera di consiglio.

Le Sezioni Unite hanno competenza funzionale nel decidere i ricorsi in materia di giurisdizione, anche se, in forza di quanto previsto al primo comma della norma in esame, qualora sulla questione di giurisdizione proposta dal ricorrente si siano già espresse le Sezioni Unite, la decisione del ricorso può essere assegnata alle sezioni semplici.
Resta in ogni caso salva la competenza funzionale delle Sezioni Unite per l'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, e ciò in considerazione della posizione di vertice che questi organi assumono nei rispettivi ambiti giurisdizionali .

Sussiste ancora competenza funzionale delle Sezioni Unite quando:

  1. venga proposta la questione di giurisdizione con:
- istanza di regolamento di giurisdizione (art. 41 del c.p.c.);
- ricorso contro la sentenza del giudice ordinario (così n. 1 comma 1 dell’art. 360 del c.p.c.);
- ricorso contro la sentenza del giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione (art. 362 del c.p.c., comma 1);

  1. viene sollevato un conflitto di attribuzione o di giurisdizione (art. 362 del c.p.c., comma 2).


Al di fuori della competenza funzionale, è lasciata alla discrezione del Primo Presidente l’attribuzione alle Sezioni Unite dei ricorsi che presentano una questione di principio già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici oppure di quelli che presentano una questione di principio di particolare importanza.
E’ proprio a queste ipotesi che possono ricollegarsi le funzioni essenziali della Corte di Cassazione a cui ci si è riferiti all’inizio, ossia quella di assicurare l'uniformità della giurisprudenza risolvendo i conflitti di opinione che possono sorgere tra le varie sezioni, nonché quella di assicurare l'esatta interpretazione della legge nelle questioni di particolare importanza (questioni per le quali è opportuno che la corte si esprima al suo massimo livello ed in modo unitario).

L’attribuzione del Primo Presidente ha effetto vincolante per il Collegio, mentre se il ricorso viene affidato alle Sezioni Unite in base alla competenza funzionale in materia di giurisdizione, spetta alla Corte verificare la sussistenza della competenza.

In considerazione della natura meramente discrezionale e facoltativa del provvedimento di assegnazione del ricorso, lo stesso non può formare oggetto di impugnazione, e pertanto la parte che abbia proposto istanza di assegnazione alle Sezioni Unite, nulla può lamentare nel caso in cui il ricorso venga comunque assegnato ad una sezione semplice.

Con il nuovo terzo comma, introdotto a seguito del D.lgs. n. 40/2006, il legislatore ha disciplinato il vincolo delle sezioni semplici al precedente delle Sezioni Unite, nella speranza che ciò contribuisca a potenziare l'unificazione della giurisprudenza.
Viene così previsto che, qualora le sezioni semplici intendano discostarsi dal principio enunciato dalle Sezioni Unite, potranno solo rimettere il ricorso a queste ultime, le quali, a loro volta, potranno riaffermare il principio già enunciato oppure mutare orientamento ed enunciare un principio di diritto diverso.

Il vincolo imposto alle sezioni semplici ha contenuto processuale e meramente negativo, in quanto le stesse non hanno l'obbligo di conformarsi al contenuto del precedente delle Sezioni Unite, ma solo il divieto di emettere una pronuncia di contenuto difforme, dovendo trasfondere il loro dissenso in un'ordinanza.

Tre sono, in buona sostanza, le alternative concesse alle sezioni semplici, e precisamente:
a) uniformarsi al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite;
b) rimettere la decisione alle Sezioni Unite, motivando il proprio dissenso;
c) decidere direttamente in senso difforme dal precedente delle Sezioni Unite, giustificando la divergenza di opinione.

Massime relative all'art. 374 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 19324/2005

La censura con cui si addebiti alla sentenza impugnata di non avere disapplicato l'atto amministrativo posto a fondamento dell'ingiunzione ai sensi del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, non configura una questione di giurisdizione - la cui soluzione, in sede di legittimità, debba essere rimessa alle Sezioni Unite -, giacché le questioni inerenti alla disapplicazione dei provvedimenti amministrativi attengono ai limiti interni della giurisdizione del giudice ordinario, senza toccare quelli esterni che riguardano i rapporti tra detto giudice e quelli che appartengono ad ordini giurisdizionali diversi.

Cass. civ. n. 12561/2004

Per la rimessione della causa alle sezioni unite della corte di cassazione ai sensi dell'art 374 c.p.c. non è sufficiente la mera prospettazione di una questione di giurisdizione, se questa appare ictu oculi pretestuosa o, comunque, erronea, in quanto non fondata sui presupposti di fatto tipici di tale eccezione.

Cass. civ. n. 6940/2003

Quando il giudice di merito dichiari il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e la statuizione sul punto non formi oggetto di specifica impugnazione, la pronuncia sulla giurisdizione deve ritenersi assistita dall'efficacia di giudicato, con conseguente esclusione di momenti di collegamento della controversia con la competenza delle Sezioni Unite. Tuttavia, quando il ricorso per Cassazione investa profili relativi alla regolarità della instaurazione del rapporto processuale (concernente, nella specie, la ritualità della opposizione a decreto ingiuntivo), dal rilievo della esistenza del giudicato sulla giurisdizione non può discendere la inammissibilità del ricorso, giacché l'eventuale accoglimento delle censure comporterebbe, per l'effetto espansivo di cui all'art. 336, primo comma, c.p.c., la caducazione anche della statuizione in punto di giurisdizione. Né, in tal caso, potrebbe ritenersi attuale una questione di giurisdizione, tale da imporre il trasferimento del ricorso alle Sezioni Unite, poiché si imporrebbe il rilievo del giudicato interno formatosi sul decreto ingiuntivo in considerazione della irritualità della opposizione ad esso proposta, e cioè su una questione di merito, la cui definitività comporterebbe, a sua volta, l'irrimediabile preclusione di qualsiasi riesame anche della detta questione, con conseguente cassazione, senza rinvio, della sentenza impugnata.

Cass. civ. n. 16562/2002

In materia di responsabilità civile, la contestazione circa la qualificazione in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo della posizione giuridica di cui è denunciata la lesione davanti al giudice ordinario ai fini del relativo risarcimento ex art. 2043 c.c. non dà luogo a questione di giurisdizione ma attiene al merito, sicché di essa la Suprema Corte di Cassazione può conoscere a sezioni semplici, non operando la riserva di attribuzione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, primo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 440/2000

Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione contro le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche è irrilevante che, anziché specificamente alle Sezioni Unite, esso sia genericamente diretto alla Corte di cassazione, atteso che le Sezioni Unite, pur avendo in alcune materie il potere di pronunciare in via esclusiva, non costituiscono un organo giudiziario distinto dalla Corte di cassazione, ma semplicemente una sua articolazione, e un ricorso indirizzato alla Corte di cassazione viene assegnato alle Sezioni Unite ogni volta che per legge la Corte debba pronunciare in tale composizione, indipendentemente dalla mancata indicazione in tal senso nella intestazione del ricorso.

Cass. civ. n. 5885/2000

Le questioni attinenti alla giurisdizione che vanno decise dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sono, a norma dell'art. 374 c.p.c., esclusivamente quelle di cui agli artt. 360 n. 1 e 362 c.p.c. e la deduzione, come motivo di ricorso per cassazione, di una questione riguardante la giurisdizione non può farsi se non sotto il profilo della violazione delle norme che la regolano; ne consegue che non va rimesso alle Sezioni Unite il ricorso proposto avverso una decisione disciplinare della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie col quale si chieda una pronuncia che, disapplicato l'art. 68 D.P.R. n. 221 del 1950, ovvero ritenuta l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 D.L.vo C.P.S. n. 233 del 1946, dichiari che avverso la suddetta decisione è ammessa l'impugnativa dinanzi al tribunale ordinario, giacché in tal caso non viene censurata la decisione della Commissione per mancato rispetto delle norme sulla giurisprudenza, bensì il sistema procedimentale disciplinare, e cioè le norme che non consentono l'impugnazione della decisione de qua dinanzi al tribunale, mentre, per poter porre la questione di giurisdizione nei termini normativi prospettati, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare la decisione della Commissione dinanzi al tribunale ordinario e, ove il tribunale avesse declinato la propria giurisdizione, investire con regolamento di giurisdizione le S.U. della S.C. riproponendo le stesse questioni disattese del giudice di merito.

Cass. civ. n. 3778/1998

Nel caso in cui la sentenza di appello declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario sia stata impugnata con ricorso per cassazione unicamente per violazione del giudicato interno che si assume essersi formato sulla contraria affermazione del giudice di primo grado, la decisione del ricorso per cassazione non va rimessa alle Sezioni Unite, in quanto, sia nell'ipotesi di fondatezza che in quella d'infondatezza dell'impugnazione, si tratta non di esaminare la questione di giurisdizione ma solo di verificare la sussistenza del giudicato interno; che nella prima ipotesi è relativo alla statuizione sulla giurisdizione resa dal giudice di primo grado e nella seconda, invece, alla statuizione sulla giurisdizione resa dal giudice di appello, non specificamente impugnata ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c.

Cass. civ. n. 869/1988

La cosiddetta competenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374, primo comma, c.p.c., riguarda motivi attinenti alla giurisdizione (art. 360, n. 1, stesso codice) espressamente proposti o rilevabili d'ufficio, non anche la mera verifica della formazione, nel giudizio in corso, del giudicato sulla competenza giurisdizionale.

Cass. civ. n. 4219/1985

La parte, che abbia fatto istanza al primo presidente della Corte di cassazione di assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, non può dolersi dell'assegnazione del ricorso medesimo ad una sezione semplice, senza uno specifico esame e rigetto di detta istanza, vertendosi in tema di esercizio di poteri discrezionali, in relazione ad entrambe le ipotesi contemplate dall'art. 374 secondo comma c.p.c., non soggetto ad alcun obbligo di motivazione.

Cass. civ. n. 1024/1950

La questione se di una determinata controversia debba conoscere un collegio arbitrale attiene non alla giurisdizione ma alla competenza del giudice, e, pertanto, per la sua decisione, le parti non debbono essere rimesse davanti alle Sezioni Unite della Corte Suprema.

Cass. civ. n. 222/1947

I tribunali regionali delle acque pubbliche sono organi non di giurisdizione speciale, ma della giurisdizione ordinaria, e, pertanto, la determinazione dei limiti di cognizione tra autorità giudiziaria ordinaria e tribunali regionali delle acque non è questione di giurisdizione, ma di competenza, la cui decisione spetta alle sezioni semplici della Corte di cassazione e non alle Sezioni Unite.

Cass. civ. n. 671/1946

Appartiene alla facoltà discrezionale del primo presidente il disporre che la Corte di cassazione pronunci a Sezioni Unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto decisa in senso difforme dalla sezione semplice e su quelle che presentano una questione di massima di particolare importanza, a sensi dell'art. 374 comma secondo c.p.c.; e le parti non possono perciò pretendere, né la Corte disporre, che, per dette ragioni, la decisione sia resa dalle Sezioni Unite.

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