Questa norma tratta del
deferimento di quella particolare fattispecie del giuramento d'ufficio prevista dalla seconda parte del n. 2 dell’
art. 2736 del c.c. e che, come si legge nella stessa rubrica, si definisce “giuramento d'estimazione”.
Al pari di quanto previsto per il giuramento suppletorio, anche in questo caso la disposizione ha la funzione di precisare che il potere officioso di deferimento compete all'organo investito della decisione della causa, in considerazione della sussidiarietà e della complementarità del mezzo istruttorio.
Viene anche ribadita la natura sussidiaria del
giuramento estimatorio, in quanto viene ripreso il divieto di deferirlo al di fuori dei casi in cui non sia possibile determinare altrimenti il valore della cosa domandata.
Nel momento in cui il giuramento d'estimazione viene deferito, il giudice deve determinare la somma massima che il deferente ritiene credibile quanto al valore della cosa domandata (c.d.
taxatio), oltre la quale il giuramento non avrà efficacia.
La determinazione della
taxatio costituisce valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivata, e la sua
ratio è quella di evitare che il giurante possa avvalersi del vincolo della prova legale per ottenere prestazioni per equivalente esorbitanti.
Indubbiamente la
taxatio costituisce contenuto specifico ed essenziale dell'ordinanza che ammette il giuramento, e ciò fa sì che essa sia ben nota al giurante fin da prima di rendere il giuramento.
Non può ritenersi accettabile la tesi secondo cui, nell’ipotesi in cui il giurante dichiari solennemente un valore superiore a quello determinato dal giudice, debba escludersi per intero l'efficacia probatoria del giuramento, anche perché tale soluzione potrebbe porre il
delato di fronte alla scelta tra il falso giuramento e la soccombenza totale.
Preferibile, invece, è la tesi secondo cui, oltre il limite determinato dalla
taxatio, riacquistano efficacia i principi ordinari in materia d'onere della prova.