Cass. pen. n. 35232/2007
In tema di inquinamento atmosferico, il reato di cui all'art. 25 del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (oggi abrogato e sostituito dall'art. 279 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) che punisce l'esercizio di un impianto esistente in difetto di autorizzazione, è configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni superino i valori limite stabiliti, in quanto non si tratta di un reato di danno ma di un reato formale o di condotta che tende a garantire un controllo preventivo da parte della P.A. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che il bene tutelato dalla norma penale è l'interesse dell'amministrazione competente a controllare preventivamente la funzionalità e potenzialità inquinante degli impianti esistenti o nuovi). (Dichiara inammissibile, Trib. Vicenza, 23 Ottobre 2006).
Cass. pen. n. 40964/2006
La condotta del reato di cui all'art. 25, D.P.R. n. 203/1988 (esercizio di impianto senza richiesta di autorizzazione) è incriminata soltanto quando esista il presupposto previsto dalla legge, che si tratti cioè di un impianto capace di produrre emissioni nell'atmosfera. Mancando questo presupposto, la gestione dell'impianto non è soggetta alla richiesta di autorizzazione. Queste considerazioni diventano ancora più cogenti dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), che con l'art. 280 ha abrogato il D.P.R. n. 203/1988, riordinando, coordinando e integrando la disciplina abrogata in una nuova normativa contenuta nella Parte Quinta (norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera). Invero l'art. 267, comma 1, definisce in modo più rigoroso e restrittivo il presupposto del reato, che non è più la generica possibilità (come nella disciplina previgente), ma la concreta attività di produzione delle emissioni da parte dell'impianto. Il reato di esercizio di impianto senza richiesta di autorizzazione, di cui all'art. 25 del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, si configura soltanto quando l'impianto sia concretamente in grado di produrre emissioni nell'atmosfera, come più esplicitamente disciplinato dal D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152, che con l'art. 280 ha abrogato il citato D.P.R. n. 203, il cui art. 267, comma primo, prevede quale presupposto del reato non la generica possibilità, ma la concreta attività di produzione delle emissioni da parte dell'impianto. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso il reato in un caso nel quale le polveri prodotte durante il ciclo industriale non erano aspirate all'esterno e rimanevano all'interno dello stabilimento). (Rigetta, Trib. lib. Napoli, 19 Settembre 2005).