La norma in esame disciplina le modalità attraverso cui il
consumatore può far valere il diritto ad una riduzione del prezzo ovvero alla
risoluzione del contratto.
La riduzione del prezzo può essere richiesta in misura proporzionale alla diminuzione del valore del bene.
La risoluzione del contratto, invece, deve essere esercitata mediante dichiarazione diretta al venditore, contenente espressamente la manifestazione della volontà di risolvere il contratto di vendita.
La norma prende in considerazione l’ipotesi in cui il difetto di conformità riguardi solo alcuni dei beni consegnati, nel qual caso il
contratto può essere risolto limitatamente a tali beni.
Qualora ci si avvalga del rimedio della risoluzione, si avrà che:
a) il consumatore dovrà restituire il bene al venditore a spese di quest’ultimo;
b) il venditore sarà tenuto a rimborsare al consumatore il prezzo pagato per il bene al ricevimento del bene o delle prove fornite dal consumatore in ordine al fatto di aver restituito o spedito il bene.
Si ricorda che tutte le volte in cui il consumatore intenda avvalersi di uno dei rimedi riconosciutigli dal codice del consumo, lo stesso dovrà disporre dell’intera documentazione relativa all’acquisto del bene di consumo, documentazione che, pertanto, deve essere conservata per almeno 24 mesi dalla consegna.
Nel caso in cui l’acquisto sia avvenuto senza contratto scritto o buono d’ordine, sarà possibile utilizzare quali titoli comprovanti l’acquisto i seguenti documenti: scontrino, tagliando assegni, cedolini di carte di credito, documentazione illustrativa del prodotto, confezione, garanzia, ecc. .
Va poi ricordato che esiste una gerarchia tra gli strumenti previsti a tutela del consumatore per contemperare l’interesse di quest’ultimo a ricevere il bene concordato e l’interesse del venditore a salvaguardare il rapporto contrattuale.
Infatti, in presenza di un difetto di conformità, il consumatore potrà domandare al venditore:
a) in prima battuta, la riparazione o la sostituzione del bene (d. rimedi primari), per ottenere il “ripristino della conformità” senza spese;
b) se i primi due rimedi non risultano praticabili la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto (d. rimedi secondari).
Come può notarsi, è data possibilità di ricorrere ai rimedi disciplinati dalla norma in esame soltanto se la richiesta di riparazione o sostituzione del bene difettoso non sia andata a buon fine, restando comunque salva la facoltà del venditore di offrire al consumatore “
qualsiasi altro rimedio disponibile” per comporre amichevolmente la
controversia, che il consumatore sarà tuttavia libero di accettare o di rifiutare.
L’intenzione del legislatore è, dunque, quella di salvaguardare quanto possibile il rapporto contrattuale e configurare la riduzione del prezzo e la risoluzione come rimedi eccezionali e perciò esperibili solo a precise condizioni.
Più precisamente, il consumatore potrà chiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto se:
1. la riparazione o la sostituzione sono impossibili od eccessivamente onerose;
2. il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine;
3. la riparazione ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
La facoltà di scelta rimessa al consumatore incontra un limite nella gravità del difetto, in quanto se il difetto (per cui non è stato possibile esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione) è di “lieve entità”, potrà essere chiesta soltanto la riduzione del prezzo.
Per “difetto di lieve entità” si deve intendere quello che non pregiudica assolutamente l’utilizzo del bene.
Altro aspetto che si ritiene utile qui evidenziare è che, mentre la garanzia prevista agli artt.
1490 e ss. del codice civile può essere derogata contrattualmente, la protezione offerta dal Codice del Consumo al consumatore non può essere ridotta dalla volontà delle parti (si parla, infatti, di irrinunciabilità dei diritti riconosciuti al consumatore).
Lo stesso codice, infatti, dispone che è da considerarsi nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare i diritti riconosciuti, anche in modo indiretto.
La nullità può esser fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Il quadro giuridico complessivo posto a tutela del consumatore, infine, risulta ulteriormente garantito dalla disposizione contenuta all’
art. 135 del codice consumo, nella parte in cui si precisa che la protezione riconosciuta dallo stesso codice non esclude né limita i diritti attribuiti al consumatore da altre normative, come, ad esempio, quella riguardante la
responsabilità del produttore per danni da prodotti difettosi o le norme eventualmente più favorevoli previste dal codice civile.