La norma in esame delinea la disciplina della
ripartizione delle somme liquide tra i creditori.
La percentuale disponibile per le ripartizioni parziali è dell'80%. Per cui, le ripartizioni parziali, che non possono superare l'80% delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato
L'intervento del legislatore delegato va valutato positivamente, in quanto la procedura come regolata con la normativa attuale, risulta contraddistinta da un minor controllo da parte del giudice delegato, espone i creditori ad un rischio maggiore rispetto al passato.
Per realizzare gli scopi dell'accantonamento (v. ratio legis) la norma prevede:
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un accantonamento generico, quantificato in percentuale rispetto alle somme da distribuire;
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alcuni accantonamenti specifici, destinati a quattro categorie di creditori (v. sotto), la cui posizione sia ancora sub iudice, ed ai terzi che abbiano dovuto corrispondere somme alla curatela in esecuzione di provvedimenti giudiziali non ancora irrevocabili.
Quanto agli accantonamenti specifici, si tratta anzitutto dei creditori ammessi con riserva ex art. 227, comma 1, lett. a), c.c.i.i.
Vi sono poi i crediti che abbiano proposto
opposizione allo stato passivo, ed a favore dei quali siano state disposte misure cautelari.
La terza categoria riguarda i
creditori opponenti la cui domanda è stata accolta, ma la sentenza non è ancora passata in giudicato.
Infine, la quarta categoria riguarda i creditori nei cui confronti sono stati proposti giudizi di
impugnazione dei crediti ammessi e di revocazione.
La disposizione di cui al terzo comma dispone l'obbligo, per gli organi della procedura di liquidazione giudiziale, di trattenere e depositare nei modi prescritti dal giudice delegato le somme ricevute per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato (sottraendo le somme in questione alle ripartizioni parziali dell'attivo ed eliminando ogni eventuale pericolo di impossibilità di successivo recupero delle somme medesime in caso di riforma del provvedimento giudiziale).
La disposizione è indice di un generale
principio di buona amministrazione in capo al curatore ed al giudice delegato nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza gestoria sul patrimonio del debitore.