I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori(1) devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
I proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori(1) devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
L'analisi dei piani regolatori, il cui contenuto i proprietari devono tenere ben presente qualora si apprestino a costruire nuovi edifici o a rifare quelli già esistenti, materia propria del diritto urbanistico.
Ci si limita a ricordare, qui, solamente alcuni profili importanti dell'argomento che ci occupa:
a) al proprietario è consentito edificare solamente in un momento successivo all'ottenuta concessione edilizia;
b) quest'ultima precisa quali sono le misure da rispettare nel costruire in conformità alla sostanza del progetto che è stato presentato;
c) se si edifica senza concessione o in senso opposto a quanto in essa indicato la relativa costruzione diviene abusiva, e, in quanto tale del tutto incommerciabile; gli atti dispositivi della stessa sono, perciò, viziati da nullità. La costruzione di edifici abusivi è considerata come reato dalla legge e, pertanto, punita anche con la reclusione fino a due anni;
d) può accadere che la concessione venga rilasciata dopo che sia terminata l'opera di costruzione. Verrebbe, in questo modo, sanato l'abuso ed il bene diverrebbe commerciabile.
Le disposizioni fondamentali in materia urbanistica sono la l.1942 n. 1150 (c.d. [/i]legge urbanistica), il quale ha dato ai comuni il potere di imporre vincoli e indicazioni al fine di delineare un adeguato sviluppo edilizio locale tramite l'adozione di strumenti urbanistici (piani); la legge-ponte 1967, n. 765 e la l.1977, n. 10 (c.d. legge Bucalossi), che ha individuato nel rilascio della concessione edilizia lo strumento senza il quale non può avvenire alcuna attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
L'argomento è stato disciplinato compiutamente solo con il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, che hanno introdotto il permesso di costruire, eliminando, così, la vecchia concessione edilizia, ed ampliato il novero delle ipotesi di applicazione della denuncia di inizio attività.
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 25999/2018
Il principio, sancito dall'art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta "ad substantiam", dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta "ad probationem", l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l'esistenza stessa del diritto fatto valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte.Cass. civ. n. 5017/2018
È illegittima una previsione regolamentare che imponga il rispetto di una distanza minima di dieci metri tra pareti soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi; l'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 detta, infatti, disposizioni inderogabili da parte dei regolamenti locali in tema di limiti di densità, altezza, e distanza fra i fabbricati, destinate a disciplinare le distanze tra costruzioni e non tra queste e le vedute.Cass. civ. n. 2563/2009
Le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi, che disciplinano le distanze nelle costruzioni anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile, sicché il giudice, in applicazione del principio "iura novit curia", deve acquisirne diretta conoscenza d'ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte.Cass. civ. n. 2149/2009
In tema di distanze fra le costruzioni, le prescrizioni del piano regolatore, atto complesso risultante dal concorso della volontà del Comune e della Regione, acquistano efficacia di norme giuridiche integrative del codice civile solo con l'approvazione del piano medesimo da parte dell'autorità regionale. Qualora uno dei due atti che costituiscono l'atto complesso sia annullato a seguito di ricorso giurisdizionale, il piano regolatore decade con effetto retroattivo e non ha alcuna idoneità a regolare i rapporti in materia di distanze legali, fino a quando non intervenga una sua nuova approvazione e salva l'applicazione delle misure di salvaguardia. (Cassa con rinvio, App. Reggio Calabria, 26 giugno 2003).Cass. civ. n. 1073/2009
In tema di distanze legali, sono da ritenere integrative delle norme del codice civile solo le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all'altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalità la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, mentre le norme che, avendo come scopo principale la tutela d'interessi generali urbanistici, disciplinano solo l'altezza in sé degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi, tutelano, nell'ambito degli interessi privati, esclusivamente il valore economico della proprietà dei vicini; ne consegue che, mentre nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, nel secondo è ammessa la sola tutela risarcitoria.Cass. civ. n. 6058/2006
In virtù dell'assimilabilità al piano regolatore generale operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 23 del 20 marzo 1978 il programma di fabbricazione, avendo natura di atto normativo regolatore a carattere generale e, quindi, cogente, anche nei confronti della P.A., è integrativo del regolamento edilizio; pertanto, quando le distanze legali sono calcolate con riferimento all'altezza dei fabbricati, trovano applicazione i criteri relativi alla misurazione dettati dal piano di fabbricazione, e ciò anche nell'ipotesi di edifici frontistanti separati da cortile comune, atteso che le norme sulle distanze, avendo la finalità di evitare — per esigenze di igiene e di ordine generale — la formazioni di intercapedini insalubri fra edifici, sono inderogabili.Cass. civ. n. 145/2006
Qualora il piano regolatore generale di un Comune abbia rimesso al piano particolareggiato di zona determinate prescrizioni urbanistiche, quelle dettate in materia di distanze fra costruzioni o dal confine sono da considerare norme regolamentari e, come tali, integrative dell'art. 873 c.c.; pertanto, ha natura regolamentare ed integrativa delle disposizioni del codice civile l'art. 6 del piano di edilizia economico popolare del Comune di Cava dei Tirreni (avente, ai sensi della legge n. 1150 del 1942, valore di piano particolareggiato di esecuzione ex art. 9 legge n. 167 del 1962) laddove stabilisce in mt. 5,00 «le distanze dalle strade e i distacchi dai confini per gli edifici che verranno costruiti in tutti i comprensori di edilizia popolare, d'eccezione dei comprensori di S. Pietro, Badia e Passiano, ove la distanza è fissata in mt. 7» .Cass. civ. n. 19822/2004
In tema di distanze fra costruzioni, le prescrizioni di piano regolatore acquistano efficacia di norme giuridiche integrative dell'art. 873 c.c. solo con l'approvazione del piano medesimo, mentre non rileva a tal fine che le stesse prescrizioni, in pendenza di quell'approvazione, si traducano in misure di salvaguardia adottate dal Sindaco o dal Prefetto atteso che l'operatività di questi provvedimenti si esaurisce nel rapporto fra le predette autorità ed i rispettivi destinatari.Cass. civ. n. 11582/2004
Nell'ambito delle opere edilizie, va tenuta distinta la semplice ristrutturazione, che si verifica ove gli interventi abbiano interessato un edificio del quale sussistano, ed, all'esito degli stessi, rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, sicché le modificazioni siano solo interne, dalla ricostruzione, ravvisabile allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, ed, in particolare, senza aumenti né della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario.Cass. civ. n. 742/2003
In tema di proprietà edilizia, la disposizione di cui all'art. 869 c.c. — secondo la quale i proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti — va coordinata con quella di cui al successivo art. 872, che attribuisce al privato la tutela risarcitoria del proprio diritto soggettivo a seguito della violazione delle norme urbanistiche integrative del codice civile, senza subordinarla all'annullamento di provvedimenti amministrativi.
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