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Articolo 2571 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Preuso

Dispositivo dell'art. 2571 Codice Civile

Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso [2569](1).

Note

(1) Il marchio di fatto è tutelato a condizione che lo stesso abbia il carattere distintivo e possieda i requisiti di novità e originalità propri di quello registrato.

Ratio Legis

Il marchio non registrato (marchio di fatto) gode di una tutela minore di quello registrato. Chi ottiene la registrazione, infatti, gode della presunzione assoluta [v. 2727] della titolarità del diritto e di una protezione estesa a tutto il territorio nazionale. Chi invece vanta solo un preuso, deve innanzitutto provarlo e riceve, come già detto, una tutela limitata all'ambito entro il quale il preuso è avvenuto.

Spiegazione dell'art. 2571 Codice Civile

In tema di marchi di impresa, il preuso di un marchio di fatto, tanto ai sensi dell'art. 18 del r.d. n. 929/1942 (cd. legge marchi) applicabile "rationae temporis", che degli artt. 12 e 28 del d.lgs. n. 30/2005 (cd. Codice della proprietà industriale) che l'hanno sostituito, comporta che il preutente abbia il diritto all'uso esclusivo del segno, ossia abbia il potere di avvalersene che e distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso rispetto al diritto di preuso, sicché ben può una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti. Ne consegue che, ove la registrazione decettiva sia dichiarata nulla, non per questo il preutente che aveva provveduto a formalizzarla perde il diritto di continuare a far uso del segno, specie laddove, per la cessata interferenza con i diritti registrati da altro titolare di uno o più marchi, sia venuto meno anche il conflitto (Cass. n. 2499/2018).
Un marchio di fatto e tutelabile quando presenti tutti i requisiti richiesti per i marchi registrati (Cass. n. 9827/1994). In questa materia il fatto costitutivo del diritto viene individuato nella priorità d'uso del segno (Cass. n. 3224/1994).
Secondo altra opinione, che trova sostegno nella lettera della legge, l'acquisto del diritto sul marchio non registrato non dipenderebbe dall'uso, ma dalla notorietà acquisita dal segno, intesa come conoscenza effettiva del marchio da parte del pubblico dei consumatori interessati, specie nel caso del marchio con notorietà generale. L'uso del marchio deve essere intenzionale e continuo, non precario ne sperimentale, occasionale o casuale, e cioè un uso che comporti notorietà (DI CATALDO).
L'uso idoneo a far sorgere un diritto sul marchio di fatto può essere, oltre che diretto, anche indiretto. Realizzandosi ciò attraverso società collegate, licenziatari con esclusiva, attraverso rivenditori o distributori autorizzati.
L'onere di provare l'uso del marchio incombe al preutente (Cass. n. 9827/1994).

Massime relative all'art. 2571 Codice Civile

Cass. civ. n. 9889/2016

I segni distintivi di fatto possono articolarsi in maniera separata, sicché è astrattamente possibile che un imprenditore abbia preusato del segno per la ditta-denominazione sociale, senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al riguardo, una prova completa sia della ditta-denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà di esso), atteso che l'uso di fatto di un segno in funzione di ditta/denominazione sociale non ne comporta l'automatica e meccanica estensione in funzione di marchio e viceversa.

La tutela del marchio non registrato (cd. marchio di fatto) trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della notorietà presso il pubblico, e, pertanto, presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che la tutela medesima non è esperibile in rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa mai (o da lungo tempo non) esercitata dal preteso titolare. (Omissis).

Cass. civ. n. 14684/2007

In tema di marchi, l'uso anteriore di un segno distintivo, rilevante ai fini dell'esclusione della novità di un marchio successivamente registrato, è quello attinente alla sfera di prodotti o servizi cui sia riconducibile in funzione distintiva anche il secondo segno, e non già quello che ha caratterizzato una produzione del tutto diversa, determinandone proprio in virtù dell'uso del marchio un ambito specifico e limitato, e rafforzandone, proprio in quest'ambito, la capacità distintiva.

Cass. civ. n. 4405/2006

Il diritto, previsto dall'art. 9 del R.D. 21 giugno 1942, n. 929 (e indi dall'art. 12, comma primo, lett. b, del D.L.vo 10 febbraio 2005, n. 30), di continuare nell'uso del marchio non registrato, che importi notorietà puramente locale, ai fini della, pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la successiva registrazione di uno stesso marchio da parte di altro soggetto, comporta, per il principio di unitarietà dei segni distintivi espressamente stabilito dagli artt. 13 e 17, comma primo, lett. c), del citato R.D. n. 929 del 1942 (e indi dagli artt. 22 e 12 del D.L.vo n. 30 del 2005) principio che rinviene la sua ratio nella tendenziale convergenza dei differenti segni verso una stessa finalità che chi acquista il diritto su un segno utilizzato in una determinata funzione tipica (nella specie, di insegna) acquista il diritto sul medesimo anche in riferimento alla utilizzazione in funzioni ulteriori e diverse (nella specie, edite ditta e in tabelloni pubblicitari), ferma restando l'estensione della tutela all'ambito territoriale raggiunto in riferimento all'uso fattone.

Cass. civ. n. 14342/2003

Il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all'uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l'invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui all'art. 48 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione.

Cass. civ. n. 3666/2001

Può essere oggetto di registrazione come marchio il segno che, prima della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbia acquistato carattere distintivo ed individualizzante ad onta della originaria genericità; rispetto a questo principio, posto dall'art. 19 del testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati, approvato con regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, pone una regola diversa l'art. 47 bis dello stesso regio decreto, introdotto dall'art. 43 del D.L.vo 4 dicembre 1992, n. 480, il quale, pur riguardando la convalidazione del segno originariamente non proteggibile, considera, come una norma non retroattiva, la sola ipotesi di uso successivo alla registrazione, per ricollegarvi un effetto impeditivo della dichiarazione di nullità. (Sulla base dell'enunciata massima, la S.C. ha ritenuto esente da censure l'applicazione dell'art. 18 legge marchi operata dal giudice del merito il quale, in una vicenda verificatasi anteriormente all'entrata in vigore del D.L.vo n. 480 del 1992, aveva riconosciuto legittima la pretesa di protezione del marchio nel giudizio di contraffazione in presenza di uso di segno non registrato per un decennio anteriore alla registrazione, segno che, per effetto dell'uso, aveva acquistato carattere distintivo).

Cass. civ. n. 3236/1998

A norma dell'art. 9 R.D. n. 929 del 1942, in caso di preuso locale di un marchio di fatto, il preutente del marchio non registrato ha diritto di continuare l'uso di esso, anche ai fini pubblicitari, nei limiti della diffusione locale, nonostante la successiva registrazione di marchio simile od uguale da parte di altro soggetto; tuttavia, in mancanza di specifica previsione normativa in ordine al conflitto tra preutente e successivo registrante, alla luce di una lettura sistematica dell'art. 9 citato nell'ambito delle altre disposizioni della legge medesima in tema di preuso (in particolare, gli artt. 17 e 48), e tenuto conto del favor legis per il registrante desumibile sia dalla più estesa ed intensa tutela (anche penale) riservata dall'ordinamento al marchio registrato sia dagli orientamenti emergenti dalla novella del D.L.vo n. 480 del 1992 attuativa della disciplina comunitaria, è da escludere che, al di là della espressa previsione del diritto di continuare nell'uso del marchio di fatto; spetti altresì al preutente il diritto all'utilizzazione esclusiva di detto marchio nell'ambito dell'uso di fatto, e quindi il diritto di vietare al successivo registrante l'utilizzo di esso nella zona di diffusione locale, essendo invece configurabile, alla stregua del complesso delle disposizioni in materia, una sorta di regime di «duopolio» atto a consentire nell'ambito locale, la «coesistenza» del marchio preusato e di quello successivamente registrato.

Cass. civ. n. 3224/1994

La tutela del marchio non registrato (cosiddetto marchio di fatto) trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della notorietà presso il pubblico, e, pertanto, presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che la tutela medesima non è esperibile in rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa mai (o da lungo tempo non) esercitata dal preteso titolare. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione del merito, la quale ha escluso la tutelabilità dei segni distintivi «targa Florio», sul presupposto che il preteso titolare degli stessi, da oltre venti anni prima dell'introduzione del giudizio, non risultava avere esercitato attività d'impresa nell'organizzazione di corse automobilistiche).

Cass. civ. n. 2060/1983

In ipotesi di registrazione di un marchio originario e di successiva registrazione di marchio protettivo, non sono applicabili i principi del preuso quando quest'ultimo sia stato usato di fatto da un terzo prima della sua registrazione, atteso che, ove un prodotto sia contraddistinto e conosciuto con un marchio originario, il preuso da parte di terzi del marchio protettivo del medesimo non è in grado di generare nel pubblico dei consumatori la conoscenza del prodotto contraddistinto con il marchio di fatto e di ottenere, pertanto, la notorietà obiettiva dell'uso dello stesso, poiché non toglie al marchio originario protetto il requisito della novità.

Cass. civ. n. 5462/1982

Perché l'uso di fatto di un marchio d'impresa non registrato goda della tutela prevista dagli artt. 2571 c.c. e 9 R.D. 21 giugno 1942, n. 929, nei limiti della sua concreta diffusione, è necessario che il marchio stesso abbia carattere distintivo e possieda i requisiti di novità ed originalità propri di quello registrato, e la relativa indagine, traducendosi in un apprezzamento di fatto, è rimessa al giudice del merito ed è sottratta al sindacato in sede di legittimità se fondata su motivazione giuridicamente corretta e logicamente congrua.

Cass. civ. n. 2024/1982

L'uso del marchio non registrato è sufficiente ad integrare la fattispecie costitutiva del segno distintivo e il correlativo acquisto del diritto assoluto sul marchio da parte di colui che, attraverso l'uso, abbia realizzato la funzione individuatrice del medesimo in presenza dei requisiti della liceità e della novità: detto uso conferisce perciò al titolare del marchio di fatto il diritto di utilizzazione esclusiva nell'ambito dell'uso di fatto, generale o locale, per lo stesso genere di prodotto, nonché il diritto di inibire l'utilizzazione, entro questi limiti, da parte di altri.

Cass. civ. n. 1108/1974

Il cessionario del marchio può valersi di fronte ai terzi, del preuso del suo dante causa, congiungendo con esso l'uso proprio. Nel conflitto fra più utenti dello stesso marchio, colui che afferma l'interruzione, da parte del preutente, dell'oggettivo uso del segno distintivo, ha l'onere di darne la prova. Il preuso del marchio di fatto attribuisce al suo titolare il diritto di utilizzazione esclusiva nell'ambito dell'uso generale o locale e nell'ambito dello stesso genere di prodotti, e quindi il diritto di inibire l'uso altrui, attraverso un'azione qualificabile come rivendicazione e perciò non soggetta a prescrizione.

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Alessandro D. R. chiede
domenica 17/12/2017 - Lombardia
“Buongiorno,

la situazione in cui ci troviamo è la seguente:

azienda A con ragione sociale 'Alfa' registrata a Gennaio 2017,
azienda B con ragione sociale 'Alfa' registrata a Giugno 2017 e registrato anche marchio 'Alfa',
le due aziende si trovano all'interno dello stesso ambito territoriale (stessa provincia),
le attività delle due aziende è la medesima.

L'azienda B cambiando ragione sociale può far valere sull'azienda A il marchio?
Come si definisce il preuso di un marchio non registrato? Cioè come si stabilisce la data di inizio di uso di un marchio non registrato (l'azienda A come può dimostrare di avere usato il marchio non registrato prima di Giugno 2017 data in cui l'azienda B ha registrato il marchio?)

Se fosse dimostrabile per l'azienda A il preuso, quando l'azienda B può far causa all'azienda A per aver evaso il suo ambito territoriale? Cioè come si definisce l'ambito entro il quale l'azienda A deve stare volendo continuare a usare il marchio non registrato?

Rimango a disposizione per chiarimenti.

In attesa di un cordiale riscontro.

Cordiali saluti

Alessandro D. R.”
Consulenza legale i 02/01/2018
La questione sottoposta al nostro esame, richiede che sia analizzato dapprima il concetto di ragione sociale e quindi, successivamente, il suo rapporto con il marchio nonché le tutele offerte a quest’ultimo.

Tutte le società devono avere un nome. Questo nome è detto ragione sociale o denominazione sociale a seconda dei casi.

Hanno ragione sociale le società di persone, ovvero le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice.

Hanno una denominazione sociale le società di capitali, ovvero le società per azioni, società in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata.

In ogni caso, sia che si tratti di ragione sociale ovvero di denominazione, il regime di tutela accordato ad entrambe è quello previsto dagli artt. 2563 e ss. cod. civ.

In particolare l’art. 2564 c.c. afferma che “ quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per i luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla. Per le imprese commerciali l’obbligo di integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore”.

Pertanto, quando vi è possibilità di “confusione” per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata, generata dall’utilizzazione contemporanea di una medesima “ditta” da parte di due società registrate, grava in capo a colui che ha registrato in epoca successiva l’obbligo di modificare od integrare la propria denominazione.

Alla luce di quanto detto, nel caso di specie, la società B, avente denominazione “Alfa” ma iscritta successivamente rispetto alla società A, avente la medesima denominazione ed essendo operante nel medesimo territorio e settore di quest’ultima, è tenuta ai sensi dell’art. 2564, co. 2, cod. civ. a variare la propria denominazione (modificandola o integrandola).

Per quel che concerne i quesiti in tema di marchi, ad opinione di chi scrive, si ritiene doveroso un inquadramento normativo in relazione alla fattispecie qui riportata.

La disciplina del preuso del marchio è contenuta sia nel codice civile sia nella legge marchi.

L’art. 9 l. marchi regolamenta l’ipotesi del conflitto tra chi abbia usato un determinato segno come marchio e chi abbia registrato un segno uguale o identico per contraddistinguere prodotti identici ed affini.

Tale norma afferma che, in presenza di un preuso che non importa notorietà generale o importa notorietà solo locale, il preutente ha diritto di continuare nell’uso del segno nonostante la registrazione da altri effettuata, nei limiti della diffusione locale.

A completare la disciplina del preuso concorre l’art. 17, comma 1 lett. B) L. marchi, secondo cui il preuso è tutelato nei limiti in cui da esso non sia derivata una notorietà tale da poter invalidare una successiva registrazione.

Pertanto, un utilizzo del marchio che importa notorietà generale costituisce causa di nullità, per cui il conflitto tra i due segni (quello non registrato e quello posteriormente registrato) è destinato a risolversi in una pronuncia giudiziale che accerta e dichiara l’invalidità del secondo.

Se, invece, il precedente uso del marchio non determina notorietà generale di esso ovvero, determina una notorietà puramente locale, non vi è difetto di novità in capo al titolare del segno successivamente registrato, restando salvo il diritto del preutente di continuare l’uso del marchio nei limiti della diffusione locale.

L’art. 9 L. marchi va coordinato con l’art. 2571 c.c. che disciplina il preuso nella medesima direzione di quella indicata dalla legge marchi.

Entrambe le citate norme legittimano la continuazione dell’uso del marchio non registrato pur dopo la registrazione che altri abbiano effettuato dello stesso segno.

Ai sensi dell’art. 2751 cod. civ., difatti, “colui che ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usare, nonostante la registrazione ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso”.

Importante è dunque capire l’estensione territoriale che il preuso del marchio ha avuto e la notorietà che ne è derivata.

E’ necessario individuare l’ambito territoriale di diffusione del marchio e distinguere tra marchio a rilevanza locale e marchio a rilevanza non locale.

Il concetto di localizzazione deve essere adeguato ai tempi: si dovrà avere riguardo anche alla pubblicizzazione del marchio per valutare la forza espansiva, così come ogni altro mezzo che presuntivamente possa fondare l’ipotesi di una diffusione non meramente locale, ad esempio l’offerta di un determinato prodotto in internet o la predisposizione di opuscoli informativi e listini in più lingue.

L’area territoriale di utilizzo del marchio di fatto è da individuarsi con riferimento alla diffusione dell’attività commerciale dell’impresa, desumibile dalla distribuzione territoriale della clientela.

Qualora il marchio abbia una rilevanza locale, il preuso opera in senso debole: di fronte ad un marchio registrato è concessa al preutente la facoltà di proseguire l’utilizzazione del marchio stesso purché tale utilizzazione resti confinata nello stesso ambito territoriale in cui era diffusa nel momento della registrazione del marchio analogo.

Dunque il titolare del marchio registrato gode di un diritto di esclusiva su tutto il territorio nazionale, tranne in quella limitata porzione di territorio in cui per prodotti analoghi era utilizzato un marchio simile, a patto che il precedente utilizzatore possa dimostrare la propria prevenzione.

Più intensa è invece la tutela accordata all’utilizzatore di fatto di un marchio diffuso in ambito non locale.

Non si ha in questo caso alcuna coesistenza, ma sussiste la facoltà per il preutente di inibire l’uso del marchio registrato.

La preesistenza di un marchio a diffusione ultra regionale nega a priori il requisito della novità che è essenziale per il brevetto del marchio. Con la conseguenza che in difetto di tale requisito della novità, il brevetto può essere dichiarato nullo.

Carattere comune ad entrambi i tipi di tutela accordati al preutente è l’onere della prova che grava sullo stesso.

E’ il preutente a dover dimostrare che il proprio marchio ha acquistato la notorietà prima della domanda di registrazione del marchio da parte di terzi.

Tale prova deve essere precisa soprattutto in ordine ai tempi e alla estensione della diffusione, ai soggetti destinatari della distribuzione.

In relazione alla fattispecie in esame, ove ci viene riferito solamente che le società sono operanti nel medesimo territorio e per la medesima attività, non siamo in grado di stabilire se il marchio abbia rilevanza locale o nazionale.

Tuttavia, se il marchio abbia assunto una notorietà nazionale, allora la società A utilizzatrice del marchio di fatto potrà inibire alla società B di fare uso dello stesso segno.

In capo alla società A grava tuttavia l’onere probatorio circa l’uso effettivo del marchio di fatto e che lo stesso sia notorio, nonché la prova dell’estensione territoriale nella quale il marchio di fatto è stato speso ed è quindi riconosciuto.

L’onere probatorio sarà quindi soddisfatto provando e dimostrando l’esercizio qualificato del segno attraverso l’allegazione di fatture atte a dimostrare un certo volume commerciale, ovvero attraverso la prova di aver effettuato campagne pubblicitarie atte a diffondere la conoscenza del segno presso il pubblico.

Se invece si tratta di notorietà locale, la società A non potrà impedire alla società B l’uso del marchio (che potranno coesistere creando una situazione di duopolio).

L’uso tuttavia del marchio da parte di B non sarà consentito nella porzione di territorio in cui opera la società A, la quale deve comunque dimostrare la propria prevenzione.

L’ambito territoriale in cui opera la società A verrà individuato dalla estensione della propria clientela.

La società A può operare con il proprio marchio di fatto. Qualora la stessa eccedesse da tale ambito di applicazione, la società B, titolare del marchio registrato e, pertanto, tutelata sia a livello nazionale (o europeo, dipende dal tipo di registrazione effettuata), sia per i settori affini a quello di registrazione, potrà ottenere tutela come stabilito dalla normativa che regolamenta l’uso scorretto del marchio da parte dei concorrenti, D. Lgs. 10.02.2005 n. 30 e successive modifiche.