A differenza della riduzione reale, la
riduzione del capitale per perdite si risolve in un
mero adeguamento del valore nominale del capitale al valore reale del capitale stesso, ridottosi in ragione di perdite che hanno intaccato la consistenza del
patrimonio sociale.
La ratio della disposizione è quella di garantire ai terzi ed ai creditori un certo livello di trasparenza circa la r
eale situazione patrimoniale della società e non quella di offrire una adeguata protezione rispetto ad operazioni sul capitale che possano determinare una fuoriuscita di risorse dalla società, dato che la riduzione consiste in una
mera operazione contabile di adeguamento del valore nominale del capitale al suo valore reale.
La sussistenza di perdite di esercizio determina:
1) l’impossibilità di ripartizione degli utili, sino al momento in cui non sia deliberata la riduzione del capitale;
2) l’impossibilità di procedere all’aumento del capitale, qualora si tratti di perdita superiore al terzo e l’assemblea non abbia deliberato la preventiva riduzione del capitale.
La norma in realtà si occupa unicamente del caso in cui l’entità delle perdite sia
superiore al terzo del capitale preesistente. Per tale ragione si è posto il dubbio circa la possibilità di procedere alla riduzione per perdite di minore entità, nonché riguardo alla disciplina in tal caso applicabile.
Secondo l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale maggioritario la riduzione per
perdite inferiori al terzo rimarrebbe ammissibile ma
non potrebbe applicarsi la disciplina della riduzione reale (art.
2445), dovendosi piuttosto guardare ai principi sanciti dalla norma in commento. Ne deriva che, secondo questa tesi, i creditori
non potrebbero esercitare il diritto di opposizione e gli amministratori, dall’altro lato,
non sarebbero tenuti né a convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti né a depositare le
relazioni integrative previste nelle ipotesi di riduzione obbligatoria, dovendo però comunque provvedere ad un’esaustiva informazione dei soci e dei creditori mediante deposito di una aggiornata situazione patrimoniale.
Qualora la perdita sia
superiore al terzo del capitale, la norma dispone che gli
amministratori convochino senza indugio l'
assemblea straordinaria per gli
opportuni provvedimenti, che possono consistere nella riduzione del capitale o nel
rinvio di una simile deliberazione all’anno successivo. La possibilità di rinvio della riduzione è confermata dalla stessa disposizione, la quale prevede che la riduzione divenga
obbligatoria in sede di approvazione del bilancio riferito all’esercizio successivo, qualora l’assemblea non vi abbia provveduto e persistano perdite superiori al terzo del capitale. La competenza dell'assemblea ordinaria è un'ipotesi eccezionale perché per le modifiche dello
statuto è competente l'
assemblea straordinaria.
All'assemblea deve essere comunque sottoposta, con un anticipo di almeno otto giorni, una relazione sulla situazione patrimoniale, unitamente alle osservazioni formulate dall’organo di controllo. In realtà, si tratterebbe di un vero e proprio
bilancio straordinario, comprensivo, quindi, dello
stato patrimoniale, del
conto economico e della
nota integrativa. La giurisprudenza ritiene che tale documento contabile debba essere aggiornato a non oltre 120 giorni.
La riduzione può essere attuata mediante:
1)
raggruppamento delle azioni: il valore nominale rimane invariato, ma è diminuito il numero complessivo delle azioni in circolazione;
2)
riduzione del valore nominale delle azioni in circolazione: il valore nominale viene ridotto, lasciando invariato il numero di azioni in circolazione.