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Articolo 1786 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi

Dispositivo dell'art. 1786 Codice Civile

Le norme di questa sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili(1).

Note

(1) Per stabilire quali ipotesi siano assimilabili si deve considerare che la norma è volta a proteggere colui che non può tenere con se uno o più oggetti, ad esempio bagagli, quando usufruisce di un servizio. Pertanto se ne esclude l'applicabilità, ad esempio, alla consumazione al bar fatta in piedi.

Ratio Legis

La ratio sottesa alla norma è di tutelare colui che fruisce di un servizio e, in quel momento, non può tenere con sè uno o più oggetti, la cui custodia passa a chi rende questo servizio.

Spiegazione dell'art. 1786 Codice Civile

Valutazione e portata della norma

Dal punto di vista razionale — de jure condendo, come si suol dire — l'assimilazione agli alberghi di altre imprese si deve considerare giustificata ed opportuna, in quanto si fondi sulla presenza di quegli stessi elementi, che costituiscono la ratio juris della particolare responsabilità alberghiera. Tali sono, da un canto il carattere professionale e speculativo della attività esercitata — imprescindibile presupposto del principio del rischio professionale (cuius commoda ejus et incommoda) nonché il carattere di esercizio aperto al pubblico; dall'altro, la natura delle prestazioni offerte al pubblico, che dev'esser tale da implicare, per la normalità del loro rendimento, la liberazione del cliente da ogni preoccupazione di custodia delle sue cose e l'affidamento nell'organizzazione dell 'esercizio.

Confrontata a questa direttiva razionale, la disposizione dell'articolo 1786 non lascia adito a dubbi, per quanto riguarda il primo elemento: non solo implicito nell'enumerazione fatta, ma esplicitamente ribadito con la qualifica di «imprenditori», riferita a tutti gli esercenti presi in considerazione.
È invece sotto il secondo profilo che la norma appare passibile di riserve. Essa, infatti, accomuna nel regime giuridico esercizi, rispetto ai quali è evidente la presenza di quel presupposto - tali le pensioni e le case di cura - ad altri, in cui l'evidenza a minore - così gli stabilimenti balneari e le carrozze letto - e ad altri ancora, come le trattorie e le imprese di pubblici spettacoli, per i quali veramente l'assimilazione non può approvarsi senza riserve. Riserve che non riposano, si badi bene, sul rilievo della minor durata della permanenza del cliente nei locali dell'esercizio, ma per il suo carattere contingente e meramente quantitativo, né su quello, che la grande affluenza di pubblico, connaturale a questi esercizi, non consentirebbe adeguata vigilanz: pouché non si tratta certo di impossibilità assoluta ma soltanto della necessità di misure di sicurezza più specifiche ed efficienti. La riserva è invece in funzione soltanto della natura delle prestazioni offerte al pubblico: che, mentre il servizio alberghiero, come quello delle pensioni e delle case di cura, tende ad offrire al cliente, con l'ospitalità, un surrogato, si passi l'espressione, dell'abitazione, e pertanto il ricetto non solo della sua persona ma anche delle sue cose, onde la maggiore o minore durata della permanenza rappresenta qui una, mera contingenza; viceversa la consumazione di pasti, bevande e simili si effettua essenzialmente e costantemente in brevissimo tratto di tempo, ma soprattutto non implica, per sua natura, l'introduzione di cose del cliente, oltre i suoi indumenti, né una separazione materiale da essi tale da porre il cliente nell'impossibilità di diretta e personale sorveglianza.

È quindi la normale funzione pratica del servizio offerto al pubblico che rende ultronea l'imposizione all'esercente di una speciale e complicata attrezzatura di sorveglianza su soprabiti, cappelli, ombrelli etc. dei clienti. Del resto, tale attrezzatura, per riuscir veramente efficace, dovrebbe risolversi nella istituzione di un servizio di guardaroba con gettoni numerati, come infatti non infrequente: ma cosi si determinerebbe il passaggio al tipo di rapporto contemplato dall'art. 1783, di affidamento in custodia all'esercente, che sarebbe sottoposto al regime del deposito anche indipendentemente dall'espressa previsione legislativa, mentre la questione ha ragione di porsi con esclusivo riguardo all'estensione del particolare regime stabilito, per le cose non depositate, dagli artt. 1784 e 1785. È vero che l'avventore di un ristorante o simili deve poter essere tutelato anche se porti, per avventura (e non per intrinseca funzione della prestazione fornitagli), cose diverse da quelle sopraindicate, per es. valigie, plichi, etc. ; ma a tal fine sarebbe stato sufficiente sancire, a carico dell'esercente, soltanto l'onere di assunzione del deposito, come previsto nell'art. 1784 n. 2, e con le stesse conseguenze. Viceversa l'estensione a tali categorie di imprenditori della speciale responsabilità (e con lo stesso limite di risarcimento) di cui all'art. 1784 pr., presupponente il solo fatto dell'introduzione nel locale, sembra francamente eccessiva.

Ma, de jure condito, la norma è quella che è, e l'interprete non può che cercare di fissarne la portata in maniera da circoscriverne le conseguenze ritenute eccessive, nell'unico punto in cui tale determinazione abbisogna della sua attività suppletiva: vale a dire, in sede di interpretazione dell'ultimo inciso, che, estendendo il regime di responsabilità alberghiera anche alle imprese similari, conferisce carattere esemplificativo e non tassativo alla precedente enumerazione. Ed a tal fine, mentre a fil di logica (cave a consequentiariis!) si potrebbe considerare elemento necessario e sufficiente per l'estensione il carattere di pubblico esercizio, così comprendendo anche gli spacci di bevande, bar, caffè, pasticcerie, rosticcerie, ristoranti c.d. metropolitani (in cui il pasto si consuma in piedi), e persino negozi di vendita di qualsiasi articolo, è da ritenere che l'estensione si debba invece limitare a quegli esercizi in cui, come nelle vere e proprie trattorie, l'avventore o frequentatore debba effettuare, secondo la prassi sociale, un minimo di permanenza, togliendosi e riponendo soprabito, cappello, borsa, ombrello, etc.; non quando il godimento della prestazione si effettui rapidamente ed in piedi.

Sono pertanto da comprendersi, accanto alle specie espressamente previste, anche i collegi e pensionati, gli affittacamere — ad eccezione forse di quelli meramente occasionali — i circoli di riunione, di lettura o sportivi, le vetture ristorante, i saloni da parrucchiere. In favore di questa interpretazione, si può esegeticamente invocare l'omessa menzione, accanto alle trattorie, dei bar e delle pasticcerie, pur non caratterizzati da identiche modalità di effettuazione delle prestazioni mentre all'incontro grave, e non moderabile nelle conseguenze, appare l'espressa contemplazione degli stabilimenti di spettacoli pubblici, che implica la responsabilità dell'esercente, ai sensi dell'art. 1784, anche per gli effetti non depositati in guardaroba. Giustamente, quindi, ne era stata proposta la soppressione dalla Commissione delle Assemblee legislative.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1786 Codice Civile

Cass. civ. n. 26887/2014

La società che fornisce il servizio di trasporto ferroviario in carrozza letto ha l'obbligo di provvedere alla custodia del bagaglio del viaggiatore con la diligenza qualificata dell'offerente imprenditore, e, dunque, di predisporre accorgimenti e cautele analoghi a quelli dell'albergatore, a cui è equiparato ai sensi dell'art. 1786 c.c., soprattutto ove non sia offerto un autonomo servizio di custodia dei valori e dei preziosi ed il viaggiatore debba portarli con sé nella propria carrozza letto. Ne consegue la disapplicazione delle disposizioni delle condizioni generali di trasporto che, onerando il viaggiatore in carrozza letto della sorveglianza di bagagli, vestiti ed oggetti di valore, lo equiparano al viaggiatore in carrozza ordinaria.

Cass. civ. n. 6866/1993

L'assimilazione dei campeggi turistici agli alberghi, ai sensi dell'art. 1786 c.c., ai fini dell'applicazione della disciplina del deposito in albergo dettata dagli artt. 1783 e seguenti c.c., con l'esclusione prevista dall'art. 1785 quinquies (introdotto dall'art. 3, L. 10 giugno 1978, n. 316), per i veicoli e le altre cose richiamate dalla norma in esame, viene meno allorché il campeggio venga utilizzato non quale luogo di permanenza del campeggiatore con la propria tenda o ruolotte, ma quale luogo di deposito di un determinato automezzo, affidato a tale limitato e determinato scopo, normalmente durante il periodo di chiusura stagionale, al proprietario o gestore del campeggio, nel cosiddetto rimessaggio invernale. Nella suddetta ipotesi, l'affidamento del mezzo dà luogo ad un contratto di deposito da cui deriva l'obbligo di custodirlo con la diligenza del buon padre di famiglia e di restituzione, con la conseguente applicabilità delle norme generali di cui agli artt. 1766 e seguenti, c.c. Pertanto, essendo inapplicabile la disciplina del deposito in albergo, compresa la norma di eccezione di cui all'art. 1785 quinquies, che esclude l'obbligo dell'albergatore di custodire e conservare i veicoli del cliente, deve considerarsi vessatoria e perciò inefficace se non approvata specificamente per iscritto, la clausola del regolamento del campeggio di esclusione della responsabilità del gestore in caso di furto dei veicoli o degli oggetti in essi contenuti.

Cass. civ. n. 882/1990

Poiché i campeggi turistici organizzati vanno inclusi tra gli stabilimenti e locali assimilabili agli alberghi, al deposito di cose all'interno di essi e quindi anche al deposito di veicoli e roulotte  — prima delle modifiche introdotte dall'art. 3 della L. 10 giugno 1978, n. 316 di esecuzione della convenzione di Parigi del 17 dicembre 1962 che esclude l'operatività della disciplina del deposito alberghiero per i veicoli e le cose in esse lasciate — si applicano le norme sul deposito in albergo dato che per i campeggi si verifica una situazione analoga a quella che si instaura fra cliente ed albergatore, tanto con riguardo all'esigenza di tutelare l'utente del campeggio per le cose che abbia necessità di introdurre nel suo recinto e nei suoi locali quanto in relazione all'opportunità di limitare la responsabilità del gestore del campeggio in considerazione del carattere peculiare e sussidiario della sua attività di custode, con la conseguenza che tale responsabilità del gestore del campeggio cessa con l'estinzione, per scadenza del termine, del rapporto, cui quello di custodia accede. (Nella specie, la C.S., in base all'enunciato principio, ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la responsabilità per danni del gestore di un campeggio turistico per il furto avvenuto su cose esistenti all'interno di una roulotte, lasciata all'interno del campeggio dopo la scadenza del termine per l'utilizzazione dello spazio e nonostante che il proprietario del mezzo fosse stato invitato a ritirarlo). 

Cass. civ. n. 8268/1987

Ancorché l'art. 1786 c.c., ha previsto l'estensione ad altre categorie di imprenditori della disciplina della responsabilità ex recepto dell'albergatore, l'obbligo di sorveglianza per la tutela delle cose portate in albergo dal cliente e non consegnate in custodia è più esteso (anche in senso spaziale) di quello, analogo, incombente al ristoratore od al trattore, ai sensi degli artt. 1786 e 1783 c.c. (nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla L. 3 giugno 1978, n. 316), stanti le differenze strutturali delle due imprese nonché le diverse modalità di esecuzione e, correlativamente, di godimento delle rispettive prestazioni. Ne consegue che mentre per l'albergatore sussiste la responsabilità ex recepto per tutte le cose portate dal cliente in albergo, per il ristoratore o trattore tale responsabilità, per le cose non consegnategli in custodia, deve ritenersi limitata a quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della prestazione (ad esempio, cappotto, cappello, ombrello, ecc.), restando sotto la diretta vigilanza del cliente le altre cose che porta addosso e che non costituiscono intralcio alla consumazione del pasto e della cui sottrazione, perdita o deterioramento, ove il cliente se ne sia liberato, il ristoratore non deve quindi rispondere. (Nella specie, affermando il suesposto principio, il S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del merito affermativa della responsabilità del ristoratore per la perdita di un accendino d'oro lasciato su un tavolo del locale e di cui era stata poco dopo denunciata la scomparsa dal cliente).

Cass. civ. n. 1740/1978

La disposizione contenuta nell'art. 1786 c.c., la quale estende la disciplina del deposito in albergo anche agli imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensione, trattorie, carrozze letto e simili, a chiaramente esemplificativa e deve intendersi ampliata fino a considerarvi compresa, in genere, ogni attività imprenditoriale di tal natura da implicare, avuto riguardo all'uso, la necessità di liberare il cliente dalla cura di custodire direttamente le cose che porta con sé, al fine di agevolare il godimento del servizio. Pertanto la responsabilità limitata prevista dal primo comma dell'art. 1784 c.c., ben può trovare applicazione ad una sala da ballo provvista di buffet, trattandosi di un esercizio pubblico, organizzato ad impresa, il cui frequentatore viene liberato, secondo l'uso, dalla cura di custodire direttamente le cose che porta con sé.

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