Cass. civ. n. 21994/2016
Nel contratto di agenzia, il patto dello star del credere in misura eccedente il massimo previsto dal contratto collettivo tempo per tempo vigente è legittimo, quale espressione dell'autonomia negoziale delle parti ex art. 1322 c.c., ove assunto in modo spontaneo e autonomo dall'agente, in vista della stipulazione di un contratto con un cliente reputato non solvibile dal preponente, che si è determinato alla conclusione per la sola garanzia così prestata, senza imposizione di un vincolo coercitivo che interferisca o alteri l'equilibrio sinallagmatico delle prestazioni tipiche del rapporto.
Cass. civ. n. 4461/2015
Al contratto di agenzia non può applicarsi in via analogica l'art. 1736 cod. civ., in tema di contratto di commissione, poiché la responsabilità dell'agente per lo "star del credere" è disciplinata in modo specifico dall'accordo economico collettivo 20 giugno 1956, reso obbligatorio "erga omnes" dal d.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145 (che limita la responsabilità dell'agente senza ulteriore compenso al venti per cento della perdita subita dal preponente), ovvero dalla più favorevole disciplina posta nei successivi accordi collettivi del settore qualora le parti vi abbiano aderito.
Cass. civ. n. 12879/1999
Al contratto di agenzia non può applicarsi, in via analogica, l'art. 1736 c.c., in tema di contratto di commissione, poiché la responsabilità dell'agente per lo «star del credere» è disciplinata in modo specifico dall'accordo economico collettivo. 20 giugno 1956, reso obbligatorio
erga omnes dal D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145 (che limita la responsabilità dell'agente senza ulteriore compenso al venti per cento della perdita subita dal preponente), ovvero dalla più favorevole disciplina posta nei successivi accordi collettivi del settore (qualora le parti vi abbiano aderito), i quali adottano il più ristretto limite del quindici per cento.
Cass. civ. n. 6224/1991
A differenza del fideiussore, il quale garantisce l'adempimento di una obbligazione non propria, ma altrui, cioè assunta nei confronti del terzo garantito, che assume rilevanza di obbligazione principale, il commissionario o mandatario con l'assunzione dello «star del credere» risponde nei confronti del committente o mandante per l'esecuzione dell'affare ed in quanto si rende garante del regolare adempimento dell'obbligazione contratta dal terzo direttamente con lui mandatario o commissionario, che lo metterà in grado, a propria volta, di adempiere verso il committente od il mandante in base al rapporto interno esistente tra loro, garantisce anche il fatto proprio per la parte in cui la propria attività occorre al fine di assicurare la regolare esecuzione dell'affare stesso. (Nella specie, la C.S. con il precisato principio ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto la ricorrenza di una fideiussione ed escluso la configurabilità dello «star del credere» con riguardo alla garanzia per il debito dell'acquirente prestata ulteriormente dal suo mandatario).
Cass. civ. n. 6352/1981
Poiché la funzione dello «star del credere», previsto dall'art. 1736 c.c., è quella di attribuire al commissionario, nei confronti del committente, una specifica responsabilità «per l'esecuzione dell'affare» più intensa e rigorosa di quella che gli incombe in base alle regole comuni ed alla quale corrisponde, da un lato, un'adeguata autonomia nella promozione e nella stipula delle compravendite e, dall'altro, un congruo compenso per lo specifico rischio assunto, nulla esclude che detto commissionario possa assumere, con lo «star del credere», l'intera responsabilità del buon fine dell'affare, senza che ciò comporti il mutamento del contratto da commissione in compravendita.
Cass. civ. n. 4630/1976
È incompatibile con il rapporto di lavoro subordinato la clausola dello «star del credere», tipica del contratto di commissione, in quanto essa comporta la traslazione del rischio di impresa, con partecipazione alle perdite di gestione da parte del dipendente, il quale, anche se riceve un compenso speciale come corrispettivo del maggior onere assunto, deve sopportare una parte notevole delle insolvenze dei terzi debitori, con sicura incidenza nella sua sfera patrimoniale e senza alcuna garanzia del minimo retributivo, in violazione del principio di indisponibilità di esso oltre i limiti costituzionali. Tale patto, infatti, è regolato nei contratti collettivi solo quando il rapporto, compensato con provvigione, non rientri nello schema del lavoro subordinato, bensì in quello del contratto di agenzia o di lavoro autonomo.