Cass. civ. n. 4831/2019
La vendita, da parte di uno dei coeredi, di un bene rientrante nella comunione ereditaria ha solo effetto obbligatorio, essendo la sua efficacia reale subordinata all'assegnazione del bene medesimo al coerede-venditore attraverso la divisione, giacché, sino a tale momento, il detto bene continua a fare parte della comunione e, finché quest'ultima perdura, il compratore non può ottenere la proprietà esclusiva di una singola parte materiale della cosa né, tantomeno, la quota ideale di uno specifico bene, in proporzione alla quota di eredità che compete al coerede alienante, essendo quest'ultimo titolare esclusivamente di una quota di eredità - intesa come "universitas" e, dunque, di per sé già alienabile - al cui interno non è certo che rientri, in occasione della divisione, la proprietà della "res" alienata. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 04/04/2014).
Cass. civ. n. 5145/2012
Nell'oggetto del contratto di vendita di eredità, di cui agli artt. 1542 e segg. c.c., non rientra anche l'azione di petizione ereditaria, essendo quest'ultima diretta all'accertamento della qualità di erede, per sua natura intrasmissibile, e configurandosi, invece, la vendita dell'eredità come alienazione di componenti patrimoniali e non di mere qualificazioni giuridiche. Ne consegue che deve escludersi la legittimazione attiva a proporre l'azione di "petitio hereditatis" in capo al compratore dell'eredità, potendo questi, in quanto creditore del venditore per i frutti percepiti, i crediti riscossi ed i beni venduti e, per contro, terzo rispetto al conflitto tra erede e possessore di beni ereditari, proporre azione surrogatoria in caso di inerzia del venditore stesso nell'esercizio della petizione d'eredità.