Cass. civ. n. 27691/2023
In tema di amministrazione di sostegno, il beneficiario è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità - differenziandosi in ciò la sua condizione giuridica da quella dell'interdetto - di talché non possono applicarsi a tale soggetto, in via interpretativa e, quindi, a prescindere da una specifica valutazione giudiziale, le limitazioni previste dalla legge per gli interdetti, quale quella di contrarre matrimonio che, tuttavia, se disposta dal giudice, non può essere oggetto di impugnazione da parte dell'aspirante nubenda, attesa la natura personalissima del diritto in esame e l'estraneità di quest'ultima al relativo procedimento.
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Colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela. In ragione delle significative differenze che intercorrono tra l'amministrazione di sostegno e l'interdizione, il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall'art. 85 c.c. per l'interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell'amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all'interesse dell'amministrato.
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Poiché il diritto di autodeterminarsi con riguardo al proprio matrimonio assume il rango di diritto personalissimo unico soggetto leso da provvedimenti giudiziali che incidano su un tale diritto personalissimo è soltanto il titolare di quest'ultimo, ancorchè beneficiario di amministrazione di sostegno.
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Colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela. Ne consegue che nel caso in cui il Giudice tutelare preveda per il beneficiario dell'amministrazione di sostegno il divieto di contrarre matrimonio, il solo soggetto legittimato ad impugnare il provvedimento è l'amministrato, non anche i soggetti diversi da quelli di cui agli artt. 406 e 417 c.c.
Cass. civ. n. 4733/2021
Il provvedimento con il quale il giudice tutelare decide sull'istanza, formulata nell'ambito di una procedura di amministrazione di sostegno, diretta ad ottenere l'estensione al beneficiario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 411, comma 4 e 85 c.c., del divieto di contrarre matrimonio, incidendo in maniera definitiva, sia pure "rebus sic stantibus", sulla capacità di autodeterminarsi della persona e quindi su un diritto personalissimo, ha natura intrinsecamente decisoria, sicché la competenza a conoscere del relativo reclamo appartiene alla corte d'appello ex art. 720 bis c.p.c.
Cass. civ. n. 11536/2017
Posto che le disposizioni in materia di interdizione non sono suscettibili di generalizzata estensione analogica all'amministrazione di sostegno, atteso che quest'ultimo istituto ha la finalità di offrire uno strumento di assistenza a chi si trova nell'impossibilità, anche temporanea, di provvedere ai propri interessi, comprimendone nella minor misura possibile la capacità di agire, non sussiste la legittimazione all'impugnazione del matrimonio degli eredi di chi, al momento delle nozze, versava in stato di incapacità naturale, essendo stato designato solo successivamente un amministratore di sostegno, e sia deceduto senza aver proposto tale azione.