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Insinuatio apud acta

Traduzione

Registrazione

Spiegazione

Nel diritto romano post-classico, le parti che concludevano un negozio giuridico si rivolgevano d'abitudine a un pubblico ufficiale che riceveva copia del documento scritto, ne prendeva nota e lo registrava, inserendolo in appositi registri, detti acta.

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Consulenze legali
relative a "Insinuatio apud acta"

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. R. chiede
giovedģ 12/09/2013 - Lombardia
“Per porre fine ad un processo civile di scioglimento della comunione di beni ereditati, i legali hanno proposto un accordo divisionale condiviso e sottoscritto dai tre coeredi e dai tre legali. Uno dei tre coeredi ha successivamente contestato l’accordo sottraendosi alla stipula del conseguente rogito notarile di divisione dei beni.
Si può chiedere al Giudice la condanna ex art. 96 c.p.c. del coerede dissenziente?”
Consulenza legale i 25/10/2013
La transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro (artt. 1965 ss. c.c.).
Nella vicenda proposta, le parti hanno sottoscritto una transazione avente ad oggetto la divisione di un compendio immobiliare con (si presume) abbandono della causa in corso.
L'art. 96 del c.p.c. è una norma di rilevanza processuale, che mira a colpire con una condanna al risarcimento dei danni la parte che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.
I presupposti di una condanna per responsabilità aggravata sono: la soccombenza dell’avversario; la prova dell’altrui malafede o colpa grave nell’agire o resistere in giudizio; la prova del danno subito a causa della condotta temeraria della controparte, che sia però diverso ed ulteriore rispetto alla necessità di aver dovuto resistere in giudizio.
La condanna ex art. 96 c.p.c. viene, quindi, richiesta in corso di causa e presuppone che il giudizio prosegua fino all'emissione della sentenza.
Se, per ipotesi, la causa di divisione fosse proseguita nonostante la sottoscrizione della transazione, il mancato adempimento di un accordo transattivo non sembra configurare, di per sé, presupposto per una condanna ex art. 96 c.p.c., a meno che non si sia riflesso in comportamenti processuali rilevanti ai fini previsti dalla norma.

Pertanto, nel caso di specie, non è a questa norma che si deve guardare, quanto piuttosto all'art. 2932 del c.c..
Questo articolo, fondamentale nel nostro ordinamento giuridico e rubricato "Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto", prevede che, se taluno sia obbligato a concludere un contratto e non adempia l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, possa ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
Tale disposizione trova la sua applicazione principale in tema di preliminare di compravendita, laddove una delle parti si sottragga all'obbligo di sottoscrivere il contratto definitivo: ma non per questo essa non può essere applicata anche in altre situazioni.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, con orientamento consolidato, sostiene che il ricorso al rimedio previsto dall'art. 2932 c.c. è consentito in tutti i casi in cui sussista un obbligo a contrarre e, quindi, non solo nell'ipotesi di contratto preliminare, ma in relazione a qualunque altra fattispecie dalla quale sorga un obbligo di prestare il consenso per la conclusione di un negozio (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 1997, n. 6471). La sentenza citata atteneva proprio al caso di alcuni eredi che si erano obbligati, con convenzione transattiva, a concludere l'atto di divisione di un cespite ereditario in modo difforme dalle indicazioni date dal de cuius nel testamento.
Resta fermo, in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno derivante dall'inadempimento dell'accordo transattivo. Oltre alle spese e agli esborsi, è possibile provare che vi sia stato un danno da perdita di chance (ad esempio, per essere sfumato un affare relativo alla vendita di un bene che sarebbe spettato ad uno dei condividenti). La chance va intesa come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non come una mera aspettativa di fatto: trattandosi di un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d'autonoma valutazione, deve essere provata la sussistenza della sua perdita (vale a dire della perdita della possibilità di conseguire un qualsivoglia risultato utile, cfr Cass. civ., sez. II, 18.3.2003, n. 3999).