Cass. civ. n. 6553/2019
                                      In  tema  di  pubblico  impiego  privatizzato,  il principio  di  pari  trattamento  di  cui  all'art.  45  del D.Lgs.  n.  165  del  2001  vieta  trattamenti  individuali migliorativi  o  peggiorativi  rispetto  a  quelli  previsti dalla  contrattazione  collettiva,  ma  non  costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in  quella  sede,  dato  che  il  legislatore  ha  lasciato piena  autonomia  alle  parti  sociali  di  prevedere trattamenti  differenziati  in  funzione  dei  diversi percorsi  formativi,  delle  specifiche  esperienze maturate  e  delle  diverse  carriere  professionali.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 846/2015
                                      In  tema  di  passaggio  di  personale  da  un'amministrazione  all'altra,  il  mantenimento  del  trattamento economico collegato al complessivo "status" posseduto  dal  dipendente  prima  del  trasferimento opera  nell'ambito,  e  nei  limiti,  della  regola  del riassorbimento in  occasione  dei  miglioramenti  di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento,  trovando  giustificazione  la  conservazione  del  trattamento  più  favorevole  nel  principio  di irriducibilità  della  retribuzione,  principio  questo  che però,  ove  subentri  un  trattamento  complessivamente migliore  per  tutti  i  dipendenti,  non  giustifica - in  assenza di una diversa specifica indicazione normativa - l'ulteriore  mantenimento  del  divario, la  cui  inalterata persistenza  si  pone  in  contrasto  con  il principio  di parità  di  trattamento  dei  dipendenti  pubblici stabilito dall'art. 45 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (fattispecie  relativa  al  pagamento  dell'indennità  di amministrazione,  già  goduta  dal  dipendente  ministeriale,  poi  transitato  alla  Regione).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2459/2011
                                      In  tema  di  lavoro  pubblico  contrattualizzato  e  di trattamento  economico  del  personale  con  qualifica dirigenziale, ex artt. 19 e 24 del D.Lgs. n. 165 del 2001, la  specificità  delle  retribuzioni  accessorie,  quali  la retribuzione  di  posizione  e  la  retribuzione  di risultato,  strutturalmente  collegate  al  valore economico  di  ogni  posizione  dirigenziale, consente la  previsione  di  una  pluralità  di  fasce  retributive anche  nell'ambito  di  una  determinata  qualifica dirigenziale. Ne consegue che non viola il principio di parità  di  trattamento  retributivo  sancito  dall'art.  45, secondo comma, D.Lgs. n. 165 del 2001 la previsione contrattuale  secondo  la  quale  la  retribuzione  di posizione  e  la  retribuzione  di  risultato  del  dirigente amministrativo  di  distretto  sanitario,  direttore amministrativo di presidio ospedaliero, siano inferiori a quelle  previste  per  il  dirigente  medico  sanitario appartenente alla stessa area.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 16038/2010
                                      In  tema  di  pubblico  impiego  privatizzato,  la materia  degli  inquadramenti  del  personale  contrattualizzato  è  stata  affidata  dalla  legge  allo  speciale sistema di contrattazione collettiva del settore pubblico, che  può  intervenire  senza  incontrare  il  limite  della inderogabilità  delle  norme  in  materia  di  mansioni concernenti il lavoro subordinato privato. Ne consegue che le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramento del personale e di corrispondenza tra le vecchie  qualifiche  e  le  nuove  aree  sono  sottratte  al sindacato  giurisdizionale,  ed il  principio  di  non discriminazione  di  cui all'art.  45  del  D.Lgs.  n.  165 del  2001  non  costituisce  parametro  per  giudicare delle  eventuali  differenziazioni  operate  in  sede  di contratto collettivo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 11982/2010
                                      Il  riconoscimento,  in  sede  di  contrattazione collettiva,  di  un  trattamento  di  maggior  favore ai dipendenti del Ministero per i beni e le attività culturali già  inquadrati  nella  9^  qualifica  funzionale,  ruolo soppresso  e  ad  esaurimento,  rispetto  agli  altri dipendenti  appartenenti  alla  qualifica  C3 - all'interno della  quale  il  personale  del  ruolo  ad  esaurimento  era confluito - non introduce una illegittima discriminazione  in  danno  di  lavoratori  svolgenti  le medesime  mansioni,  trovando  il  trattamento differenziato  la  propria  legittimazione  nella previsione di cui all'art. 25, comma 4, del D.Lgs. n. 29  del  1993, che  ha  mantenuto  una  separata considerazione  delle  ex  qualifiche  ad  esaurimento rinviando  alla  successiva  contrattazione  collettiva quanto  alla  determinazione  del  regime  economico,  ed una giustificazione - oltre che nel carattere meramente temporaneo della  differenziazione - nel  diverso percorso  professionale  dei  due  gruppi  di  dipendenti.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 5726/2009
                                      L'art.  74,  comma  4,  del  C.C.N.L.  del  comparto Università del 9 agosto 2000 consente l'inquadramento nella  nuova  categoria  D  al  solo  personale  dipendente già inquadrato nella ex VII qualifica funzionale che sia stato  assunto  a  seguito  di  concorso  pubblico  per  la partecipazione  al  quale  era  richiesto  il  diploma  di laurea,  non  potendosi  considerare  indifferente  la modalità di accesso alla ex VII qualifica (per concorso pubblico  ovvero  mediante  concorso  riservato  interno, che  prescindeva  dal  possesso  del  titolo  di  studio)  e trovando  detta  soluzione  conferma  negli  accordi  di interpretazione  autentica,  intervenuti  in  esito  alla procedura  prevista  dall'art.  64  del  D.Lgs.  n.  165  del 2001, del 22 maggio 2003 e del 13 gennaio 2005, che hanno  riconosciuto  solo  l'anzidetto  personale  come beneficiario  di  una  progressione  verticale.  Né  tale soluzione si pone in contrasto con norme imperative o è affetta  da  altra  causa  di  nullità,  giacché nel  settore pubblico  le  scelte  della  contrattazione  collettiva  in materia  di  inquadramenti  sono  sottratte  al sindacato  giudiziale,  ed  il  principio  di  non  discriminazione  di  cui  all'art.  45  del  D.Lgs.  n.  165  del 2001  non  costituisce  parametro  per  giudicare  delle eventuali  differenziazioni  operate  in  sede  di  contratto  collettivo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10454/2008
                                      Il  principio espresso  dall'art.  45, comma 2, del D.Lgs.  n.  165  del  2001,  secondo  il  quale  le  amministrazioni  pubbliche  devono  garantire  ai  propri dipendenti  parità  di  trattamento  contrattuale, opera nell'ambito  del  sistema  di  inquadramento  previsto dalla  contrattazione  collettiva, rispetto  al  quale  lo svolgimento  delle  mansioni  di  fatto  assume  rilevanza soltanto  nei  limiti  segnati  dall'art.  52  dello  stesso D.Lgs. n. 165 del 2001.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 16876/2006
                                      L'art.  45,  comma  secondo,  del  D.Lgs.  n.  165  del 2001, nell'imporre  alle  amministrazioni  pubbliche di  garantire  ai  propri  dipendenti  parità  di  trattamento  contrattuale,  non  comporta  che  la  Corte  di cassazione, adita ai sensi del successivo art. 64, comma terzo,  oppure  dell'art.  63,  comma  quinto,  per l'interpretazione  del  contratto  collettivo, sia  vincolata alle  interpretazioni  delle  clausole  già  date  dai giudici di merito, giacché la Corte di legittimità, come ogni  giudice,  è  soggetta  soltanto  alla  legge  (ai  sensi dell'art.  101,  comma  secondo,  Cost.)  ossia  alle  norme del  diritto  oggettivo nazionale  e  non  altrui interpretazioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 8141/1999
                                      Le  differenze  retributive, nonostante  l'identità della  qualifica, connesse  all'applicazione  di  diversi contratti  che  si  sono  succeduti  nel  tempo,  non contrasta con il principio della parità di trattamento, in quanto tale principio non attiene al rapporto tra contratti collettivi.