Cass. civ. n. 16997/2019
In tema di procedura di mobilità collettiva, nella vigenza dell'art. 33 del D.Lgs. n. 165 del 2001, nel testo antecedente alle modifiche apportate con l'art. 16 della L. n. 183 del 2011, di rinvio alla procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991, trovano applicazione i medesimi principi affermati in relazione alle procedure di mobilità ed ai licenziamenti collettivi interessanti il personale delle imprese private; ne consegue che, ai fini della completezza della comunicazione preventiva di cui all'art. 4, comma 3, della stessa L. n. 223 del 1991, il sindacato giudiziale va esercitato in una prospettiva «sostanzialistica», tenendo conto dei motivi della riduzione del personale, attribuendo rilievo solo a "maliziose elusioni" volte a fuorviare o a ledere l'esercizio dei poteri di controllo preventivo attribuito ai soggetti collettivi.
Cass. civ. n. 3738/2017
Il collocamento in disponibilità non dà luogo, in relazione al rapporto di pubblico impiego, alla risoluzione del rapporto di lavoro, come avviene invece nell'area dei rapporti di lavoro privato, configurandosi nel suddetto settore una mera sospensione nel tempo del rapporto (con sostanziali tratti di analogia sul punto con il diverso istituto, proprio del settore privato, della cassa integrazione guadagni), destinata a protrarsi per il periodo massimo di 24 mesi, previsto per un possibile diverso impiego presso la stessa amministrazione ovvero per una diversa ricollocazione presso altre amministrazioni o sino al momento in cui il dipendente non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti, ne avrebbe consentito la ricollocazione. Come emerge dalla lettera della legge, dalla data di collocamento in disponibilità "si sospendono" tutte le obbligazioni concernenti il rapporto di lavoro (mancano infatti la prestazione lavorativa e la corrispondente retribuzione) per avere il lavoratore diritto soltanto ad una indennità pari all'80% dello stipendio ed alla indennità integrativa speciale per un massimo di due anni, ed escludendosi anche la corresponsione di qualunque altro elemento retributivo (e quindi di qualsiasi trattamento indennitario accessorio), comunque denominato.
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L'art. 33 del D.Lgs. n. 165/2001, va interpretato nel senso che la procedura ivi prevista trovi applicazione solo "quando l'eccedenza riguardi almeno 10 dipendenti". Il limite numerico si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell'arco di un anno (a ritroso dall'ultima), con il fine di evitare eventuali elusioni dei vincoli legali perseguite attraverso il frazionamento nel tempo delle eccedenze. Tuttavia, seppure di regola l'eccedenza di personale viene ad emersione nell'ambito dell'attività programmatoria triennale di cui all'art. 6 D.Lgs. n. 165/01, non può escludersi che eccedenze possano verificarsi successivamente e in seguito ad eventi sopravvenuti ed imprevisti.
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La circostanza che il legislatore abbia previsto il coinvolgimento delle parti sindacali solo in caso di eccedenze qualificate dal superamento di un determinato limite numerico non comporta, tuttavia, l'assenza di vincoli a carico della P.A. ove la dichiarazione di disponibilità interessi un numero inferiore a dieci unità. Laddove non trovi applicazione la disciplina speciale ("salvo quanto previsto dal presente articolo"), permane l'obbligo dell'Amministrazione di adoperarsi affinché sia esplorata ogni possibilità di diverso impiego o di ricollocazione alternativa del dipendente, ossia l'obbligo di repechage dei lavoratori reputati in esubero. Del pari trovano applicazione, in via analogica, i criteri di scelta individuati alla stregua dell'art. 5 L. n. 223/91, purché si faccia questioni in giudizio della selezione dei dipendenti.
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In tema di eccedenze di personale regolate dall'art. 33 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150/09), ove la dichiarazione di esubero interessi un numero di lavoratori inferiore a dieci unità, la fattispecie è disciplinata dai commi 7 e 8 dell'art. 33 cit., restando assimilata alla fattispecie regolata dai commi 3, 4, e 5, che contempla la procedura di consultazione sindacale, limitatamente agli esiti, che riguardano il collocamento in disponibilità, l'iscrizione negli elenchi ex art. 34, la sospensione delle obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro, la percezione del trattamento indennitario e la risoluzione del rapporto allo scadere del termine biennale di permanenza in disponibilità. Nella predetta ipotesi, in cui la dichiarazione di esubero interessi un numero di lavoratori inferiore a dieci unità, in mancanza di una diversa regolamentazione introdotta dalla contrattazione collettiva, operano i criteri di selezione di cui all'art. 5, commi 1 e 2, L. n. 223/91. La P.A. è altresì tenuta a dimostrare l'impossibilità di una ricollocazione alternativa del dipendente all'interno della stessa amministrazione (c.d. repechage), anche alla stregua di eventuali previsioni contrattuali in deroga al secondo comma dell'art. 2103 c.c., nonché a dimostrare l'adempimento dell'obbligo di comunicazione ex articolo 34 D.Lgs. n. 165/2001, ai fini della iscrizione del personale in disponibilità negli appositi elenchi, finalizzati al recupero delle eccedenze di personale anche presso altre pubbliche amministrazioni.
Cass. civ. n. 5458/2009
In tema di procedura di mobilità dei dipendenti pubblici da un'Amministrazione ad un'altra, con l'assegnazione del dipendente in mobilità, comunicata all'Amministrazione che ha deliberato di coprire una vacanza nel suo organico, si perfeziona il diritto del dipendente medesimo alla prosecuzione del rapporto di lavoro presso l'Amministrazione "ad quam". Ne consegue che, da questo momento, l'Amministrazione di destinazione non può più recedere dalla propria precedente determinazione e, dunque, deliberare la revoca del posto che intendeva coprire e rifiutare l'iscrizione nel ruolo del proprio personale del dipendente trasmigrato per mobilità.
Cass. civ. n. 3677/2009
In caso di illegittimità, per contrarietà alla legge, del provvedimento di riforma della pianta organica di un Comune, con soppressione delle posizioni dirigenziali, questo deve essere disapplicato dal giudice ordinario, con conseguente perdita di effetti dei successivi atti di gestione del rapporto di lavoro, costituiti dalla revoca dell'incarico dirigenziale, non sussistendo la giusta causa per il recesso anticipato dal contratto a tempo determinato che sorge a seguito del relativo conferimento, con diritto del dirigente alla riassegnazione di tale incarico precedentemente revocato, per il tempo residuo di durata, detratto il periodo di illegittima revoca.
Cass. civ. n. 12241/2006
In tema di eccedenze di personale e di mobilità collettiva tra amministrazioni pubbliche, già regolate dall'art. 35 del D.Lgs. n. 29 del 1993 ed ora dall'art. 33 del D.Lgs. n. 165 del 2001, nei casi di violazione dei criteri di scelta fissati dalla contrattazione collettiva o (in loro assenza) di quelli legali e nei casi di mancato rispetto del prescritto "iter" procedurale, non potendo il lavoratore pubblico fruire dell'apparato di tutela previsto nel rapporto di lavoro privato, il suddetto lavoratore, che denunzia l'illegittimità della condotta della P.A. facendo valere le suddette violazioni, ha diritto al risarcimento dei danni, commisurato alla differenza tra l'indennità goduta durante il periodo di mobilità ed il trattamento di cui avrebbe goduto se il suo rapporto lavorativo non fosse stato sospeso.
Cass. civ. n. 12098/2006
Nei casi di violazione dei criteri di scelta fissati dalla contrattazione collettiva o (in loro assenza) di quelli legali e nei casi di mancato rispetto del prescritto iter procedurale, non potendo il lavoratore pubblico fruire dell'apparato di tutela previsto nel rapporto di lavoro privato, il suddetto lavoratore, che denunzia l'illegittimità della condotta della P.A. facendo valere le suddette violazioni, ha diritto al risarcimento dei danni, commisurato alla differenza tra l'indennità goduta durante il periodo di mobilità ed il trattamento di cui avrebbe goduto se il suo rapporto lavorativo non fosse stato sospeso.
Cass. civ. n. 11671/2006
In tema di eccedenze di personale e di mobilità collettiva tra amministrazioni pubbliche, già regolate dall'art. 35 del D.Lgs. n. 29 del 1993 ed ora dall'art. 33 del D.Lgs. n. 165 del 2001, nei casi di violazione dei criteri di scelta fissati dalla contrattazione collettiva o (in loro assenza) di quelli legali e nei casi di mancato rispetto del prescritto "iter" procedurale, non potendo il lavoratore pubblico fruire dell'apparato di tutela previsto nel rapporto di lavoro privato, il suddetto lavoratore, che denunzia l'illegittimità della condotta della P.A. facendo valere le suddette violazioni, ha diritto al risarcimento dei danni, commisurato alla differenza tra l'indennità goduta durante il periodo di mobilità ed il trattamento di cui avrebbe goduto se il suo rapporto lavorativo non fosse stato sospeso.