Cass. civ. n. 12366/2018
                                      L'indennità  di  occupazione  temporanea  dei  suoli inedificabili va  determinata, ai  sensi  dell'art.  20, comma 3,  L.  n.  865 del  1971,  in una somma pari, per  ciascun anno di occupazione, ad un dodicesimo dell'indennità che sarebbe dovuta per l'espropriazione  dell'area  da  occupare; la  richiamata norma non può ritenersi, infatti, abrogata dalla sentenza della  Corte  Cost.  n.  181  del  2011  in  virtù  del  mero collegamento  al  criterio  del  valore  agricolo  medio  (cd. V.A.M.) nella stessa contenuto, ove si consideri che l'art. 50 del D.P.R. n. 327 del 2001 ha generalizzato il criterio posto  dal  menzionato  art.  20  e  soppresso  il  predetto collegamento.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 15283/2016
                                      In  materia  di  espropriazione  per  pubblica  utilità,  la controversia relativa alla determinazione e corresponsione  dell'indennizzo,  globalmente  inteso, previsto per la cd. acquisizione sanante di cui all'art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001 è devoluta alla competenza, in unico grado, della Corte di appello, che costituisce la regola  generale  prevista  dall'ordinamento  di  settore  per la  determinazione  giudiziale  delle  indennità  dovute, nell'ambito  di  un  procedimento  espropriativo,  a  fronte della  privazione  o  compressione  del  diritto  dominicale dell'espropriato,  dovendosi  interpretare  in  via  estensiva l'art.  29  del  D.Lgs.  n.  150  del  2011,  tanto  più  che  tale norma non avrebbe potuto fare espresso riferimento a un istituto - quale  quello  della  "acquisizione  sanante" - introdotto  nell'ordinamento  solo  in  epoca  successiva. (Rigetta,  Trib.  Roma,  17  giugno  2014).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 4206/2011
                                      In  tema  di  espropriazione  per  pubblica  utilità, gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili  di  indennizzo, a  meno  che  alla  data dell'evento  ablativo  non  risulti  già  rilasciata  la concessione  in  sanatoria,  per  cui non  si  applica  nella liquidazione il criterio del valore venale complessivo dell'edificio  e  del  suolo  su  cui  il  medesimo  insiste, ma si valuta la sola area, così da evitare che l'abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad  accrescere  il  valore  del  fondo. In  tale ipotesi,  vale  il  principio  generale  per  cui  il  proprietario dell'immobile abusivo non può trarre alcun beneficio dalla sua  attività  illecita  (in  applicazione  del  suesposto principio,  la  Corte  ha  escluso  il  risarcimento  danni  in favore  del  proprietario  di  un  immobile  abusivo danneggiato da  una  frana;  il  carattere  abusivo  della costruzione, infatti, rende inesistente il danno, in quanto l'immobile  non  è  suscettibile  di  essere  scambiato  sul mercato).
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 2419/2011
                                      Qualora  un'area  venga  legittimamente occupata a fini espropriativi e poi restituita dopo la revoca degli atti ablativi  ad  essa  inerenti,  l'occupazione  si  considera avvenuta fin dall'origine per causa di pubblica utilità, per cui l'indennità  ad  essa  relativa  va  calcolata  in  base agli  interessi  legali  sull'indennità  virtuale  di espropriazione,  e  non  sul  valore  venale  del  suolo.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 22913/2010
                                      L'indennità di  occupazione  legittima  di  suoli edificabili,  inerente  a  procedura  espropriativa, va determinata  in  misura  corrispondente  ad  una percentuale riferibile alla indennità di espropriazione che  sarebbe  dovuta  per  l'espropriazione  rituale dell'area occupata (ove questa fosse avvenuta), con la conseguenza  che,  potendo  il  proprietario  far  valere  il credito fin dalla scadenza del primo anno di occupazione, la  prescrizione  decennale  del  diritto  relativo  a  ciascun anno di  occupazione  ex  art.  2946  c.c.  decorre  dalla scadenza del  relativo  periodo e  non  già dalla scadenza dell'occupazione  legittima,  non  rilevando  se  questa  sia divenuta  illegittima  o  appropriativa.
                                                        
                 
                            
                  Cass. civ. n. 10362/2009
                                      Avverso il provvedimento di occupazione temporanea preordinata all'espropriazione, di cui all'art. 22-bis D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, che contenga la determinazione delle indennità di occupazione e di espropriazione, la doglianza relativa al quantum dell'indennizzo ed ai criteri di quantificazione non attiene alla legittimità del provvedimento di occupazione d'urgenza, ma si concreta in un'opposizione alla stima che, in base al combinato disposto degli artt. 50 (cui rinvia l'art. 22-bis citato) e 53 del D.Lgs. n. 327 del 2001, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e, quindi, alla speciale competenza in unico grado della Corte di appello, ovvero al Tribunale regionale delle acque pubbliche ove l'occupazione dei fondi, totale o parziale, permanente o temporanea, avvenga «in conseguenza dell'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione di acque», ai sensi dell'art. 140, lett. d, R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775. Le doglianze relative al "quantum" dell'indennizzo determinate nel provvedimento di occupazione di urgenza ex art. 22-bis, D.P.R. n. 327 del 2001, perciò, non attengono alla legittimità dello stesso, né alla logicità e congruità della motivazione che lo stesso deve contenere, ma investono questioni indennitarie da proporre di fronte al giudice ordinario ai sensi dell'art. 53 D.P.R. n. 327 del 2001, avanti alla Corte d'appello funzionalmente competente (art. 50 D.P.R. cit.) ovvero, per espropriazioni connesse ad opere idrauliche, avanti ai tribunali regionali delle acque pubbliche (art. 140 lett. d), R.D. n. 1775 del 1933).
                                                        
                 
                            
                  Cons. giust. amm. Sicilia n. 842/2008
                                      In difetto di prova di un danno effettivo, si può fare ricorso  al  parametro  di  cui  all'art.  50  D.P.R.  n.  327  del 2001, secondo cui "nel caso di occupazione di un'area, è dovuta al proprietario una indennità per ogni anno pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell'area e, per ogni mese o frazione di mese, una indennità pari ad un dodicesimo di quella annua". Da  tale  norma  si  può  infatti  trarre  un  criterio presuntivo  legale  che  porta  a  risarcire  l'occupazione illegittima in misura non inferiore a quella prevista nei casi di  occupazione  legittima.  L'inapplicabilità  dell'invocato parametro  alternativo  di  cui  al  comma  6  dell'  art.  43, D.P.R. n. 327 del 2001 (computo degli interessi moratori sul  valore  venale,  per  il  periodo  di  occupazione illegittima),  postula  un  legittimo  provvedimento  di acquisizione ex art. 43.