AUTORE:
Martina Saadi
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Università degli Studi di Ferrara
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha lavorato su diversi casi relativi al lavoro domestico, in particolare con riferimento alle violazioni dell’articolo 4 CEDU, articolo che proibisce la schiavitù e il lavoro forzato. L’interpretazione di tale articolo da parte della Corte è interessante per due ordini di fattori: tiene in considerazione il contesto storico sociale e culturale in cui l’interpretazione viene svolta (interpretazione evolutiva), e inserisce la Convenzione nel sistema giuridico internazionale complessivamente inteso (dottrina del vacuum). Così, in tutti i casi che riguardano il lavoro domestico, per confermare o negare che si trattasse di “servitù domestica”, e quindi di condotte che limitano o negano libertà fondamentali dell’individuo, la Corte ha preso in considerazione molti degli indicatori che derivano da altre fonti internazionali, si pensi alle fonti delle Nazioni Unite, o più specificamente dell’OIL. Prima di entrare nel vivo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, è indispensabile trattare le fonti internazionali che riguardano il tema del lavoro domestico, ma anche le fonti internazionali che riguardano il tema dell’abolizione della schiavitù e del lavoro forzato, proprio perché molto spesso queste fonti stabiliscono dei parametri a cui la Corte fa riferimento nello stabilire se un rapporto di lavoro domestico costituisca o no una fattispecie di servitù domestica. L’excursus sul quadro internazionale andrà dal generale al particolare, considerando dapprima le fonti internazionali sul tema delle Nazioni Unite e dell’OIL, poi le fonti internazionali di macroregioni: quelle del continente americano, quelle del continente africano e infine quelle europee diverse dalla CEDU. Il cuore della trattazione, come anticipato, verterà sull’articolo 4 della CEDU e sulla relativa giurisprudenza in materia di servitù domestica, esaminando singolarmente i casi che la Corte ha conosciuto: il leading case, Siliadin v. Francia, il caso C.N. v. UK, il caso C.N. e V. v. Francia e il caso J. E altri v. Austria. Tutti casi tanto interessanti dal punto di vista giuridico quanto strazianti dal punto di vista umano, che hanno concentrato l’attenzione della Corte sull’interpretazione dell’articolo 4, includendo in esso le cosiddette forme “moderne” di schiavitù, come la servitù domestica e la tratta di esseri umani, e sull’enumerazione e la specificazione sempre più dettagliata degli obblighi per gli stati che derivano dall’articolo 4 della CEDU. Nelle conclusioni cercherò di precisare la nozione di servitù domestica così come emerge dalla giurisprudenza della Corte, che ormai la considera una fattispecie autonoma rispetto a quelle proibite dalla lettera dell’articolo 4 CEDU. Si analizzeranno prima le differenze tra la fattispecie di servitù con la schiavitù e il lavoro forzato, e dopo gli elementi specifici che invece costituiscono la servitù domestica.