AUTORE:
Giuseppe Cocozza
ANNO ACCADEMICO: 2022
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Università Niccolò Cusano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La presente tesi si è posta l’obiettivo di analizzare, in modo oggettivo e senza pregiudizi, quali sono effettivamente i pregi e le criticità della "flat tax" applicata al regime forfetario, riportando cosa accade nella realtà e quale alternativa potrebbe essere presa in considerazione. Per fare questo, si è ritenuto doveroso iniziare da una ricerca sulle origini del sistema tributario italiano, per poi analizzare le posizioni dei convinti assertori di un sistema fiscale progressivo, al contrario di chi, invece, è più propenso a una tassazione proporzionale. Si sono passate in rassegna le disposizioni legislative attinenti al regime forfetario, compreso lo studio e l’analisi della cosiddetta “flat tax incrementale”, che allarga l’ambito di applicazione soggettiva per l’anno in corso, in presenza di precisi requisiti, introdotta con la legge di bilancio del 2023.
Gli studi effettuati hanno consentito di evidenziare come, il più delle volte, ogni narrazione da parte delle opposte fazioni ha generalmente evidenziato conclusioni - a favore o a sfavore di un regime impositivo piuttosto di un altro - a livello puramente teorico, senza quasi mai andare effettivamente a fondo dell’analisi dei dati.
Con questo lavoro si è voluto approfondire nel dettaglio, e soprattutto all’atto pratico, a quali risultati si perviene quando si analizzano nel merito le diverse fattispecie che si possono verificare nella realtà.
Gli obiettivi principali sono stati raggiunti perché dalla comparazione - tra redditi conseguiti da chi agisce in regime forfetario (con imposta proporzionale) e chi, invece, li consegue in qualità di dipendente (con imposta progressiva) - è emerso che non è sempre vero l’assunto che i primi paghino meno imposte rispetto ai secondi e che quindi il regime di vantaggio sia comunque più favorevole.
Altrettanto importante è l’altro dato che emerge dalla comparazione, ossia tra chi lavora in regime forfetario e chi, svolgendo le medesime attività, è sottoposto – per scelta o per obbligo – alla tassazione progressiva: anche in questa circostanza non si riscontrano risultati univoci in merito alla partecipazione degli interessati alla tassazione globale.
Da entrambe le comparazioni si giunge a una riflessione molto importante e cioè che, a differenza di quanto viene sostenuto da chi si schiera contro o a favore della flat tax applicata al regime forfetario, un giudizio coerente e obiettivo non può prescindere dal considerare alcuni parametri basilari: il coefficiente di redditività (previsto in base all’attività esercitata così come identificata dai "codici Ateco"), l’incidenza della contribuzione previdenziale, i costi effettivamente sostenuti (rispetto a quelli previsti forfetariamente dalla normativa) e l’appartenenza o meno a ordini professionali propri. Sono questi gli elementi da prendere in considerazione, insieme alle tax expenditures, per esprimere giudizi positivi o negativi, aspetti favorevoli o criticità che quindi, come tali, non possono essere generalizzati tout court; anzi, dovranno essere valutati – a seconda delle circostanze – nella sfera individuale di ciascun consociato.
La proposta alternativa ha lo scopo di dimostrare come sia possibile correggere alcune storture partendo dalla semplificazione del sistema del regime forfetario a legislazione vigente, volgendo l’attenzione, in particolare, sull’introduzione della "no tax area" (in sostituzione dei coefficienti di redditività e dei costi forfetari), sulla progressività contributiva e su un sistema duale delle aliquote, concepite in base alle fasce di reddito: la combinazione di questi tre elementi determina maggiore equità (in termini di redditi netti conseguiti) e maggiore progressività, intesa nel suo complesso; tutto ciò, accompagnato da un insieme di premialità che darebbero impulso, stimolo e sostegno ai redditi più bassi e che rappresentano quel coacervo di strumenti tendenti alla riduzione dell’elusione e/o evasione fiscale.
Questa proposta, purtuttavia, impatta su un limite non trascurabile: non si è avuto modo di appurare se questo richieda la reperibilità di nuove risorse per avere le necessarie coperture da destinare affinché si possa realizzare. Pur essendo argomento che esula dallo studio condotto, e che meriterebbe ulteriori ricerche e approfondimenti, resta la convinzione che qualsiasi tipo di alternativa che rivesta i caratteri della bontà, equità, giustizia e progressività non può prescindere da una revisione e razionalizzazione della spending review, da adottarsi attraverso riforme strutturali e incisive in grado di rimuovere privilegi e rendite di posizione, la cui attuazione dovrebbe responsabilizzare tutta la classe politica, in maniera "bipartisan", senza false promesse o strumentalizzazioni auspicando, magari, un vincolo a livello costituzionale, così come attuato per il pareggio di bilancio.
Gli studi effettuati hanno consentito di evidenziare come, il più delle volte, ogni narrazione da parte delle opposte fazioni ha generalmente evidenziato conclusioni - a favore o a sfavore di un regime impositivo piuttosto di un altro - a livello puramente teorico, senza quasi mai andare effettivamente a fondo dell’analisi dei dati.
Con questo lavoro si è voluto approfondire nel dettaglio, e soprattutto all’atto pratico, a quali risultati si perviene quando si analizzano nel merito le diverse fattispecie che si possono verificare nella realtà.
Gli obiettivi principali sono stati raggiunti perché dalla comparazione - tra redditi conseguiti da chi agisce in regime forfetario (con imposta proporzionale) e chi, invece, li consegue in qualità di dipendente (con imposta progressiva) - è emerso che non è sempre vero l’assunto che i primi paghino meno imposte rispetto ai secondi e che quindi il regime di vantaggio sia comunque più favorevole.
Altrettanto importante è l’altro dato che emerge dalla comparazione, ossia tra chi lavora in regime forfetario e chi, svolgendo le medesime attività, è sottoposto – per scelta o per obbligo – alla tassazione progressiva: anche in questa circostanza non si riscontrano risultati univoci in merito alla partecipazione degli interessati alla tassazione globale.
Da entrambe le comparazioni si giunge a una riflessione molto importante e cioè che, a differenza di quanto viene sostenuto da chi si schiera contro o a favore della flat tax applicata al regime forfetario, un giudizio coerente e obiettivo non può prescindere dal considerare alcuni parametri basilari: il coefficiente di redditività (previsto in base all’attività esercitata così come identificata dai "codici Ateco"), l’incidenza della contribuzione previdenziale, i costi effettivamente sostenuti (rispetto a quelli previsti forfetariamente dalla normativa) e l’appartenenza o meno a ordini professionali propri. Sono questi gli elementi da prendere in considerazione, insieme alle tax expenditures, per esprimere giudizi positivi o negativi, aspetti favorevoli o criticità che quindi, come tali, non possono essere generalizzati tout court; anzi, dovranno essere valutati – a seconda delle circostanze – nella sfera individuale di ciascun consociato.
La proposta alternativa ha lo scopo di dimostrare come sia possibile correggere alcune storture partendo dalla semplificazione del sistema del regime forfetario a legislazione vigente, volgendo l’attenzione, in particolare, sull’introduzione della "no tax area" (in sostituzione dei coefficienti di redditività e dei costi forfetari), sulla progressività contributiva e su un sistema duale delle aliquote, concepite in base alle fasce di reddito: la combinazione di questi tre elementi determina maggiore equità (in termini di redditi netti conseguiti) e maggiore progressività, intesa nel suo complesso; tutto ciò, accompagnato da un insieme di premialità che darebbero impulso, stimolo e sostegno ai redditi più bassi e che rappresentano quel coacervo di strumenti tendenti alla riduzione dell’elusione e/o evasione fiscale.
Questa proposta, purtuttavia, impatta su un limite non trascurabile: non si è avuto modo di appurare se questo richieda la reperibilità di nuove risorse per avere le necessarie coperture da destinare affinché si possa realizzare. Pur essendo argomento che esula dallo studio condotto, e che meriterebbe ulteriori ricerche e approfondimenti, resta la convinzione che qualsiasi tipo di alternativa che rivesta i caratteri della bontà, equità, giustizia e progressività non può prescindere da una revisione e razionalizzazione della spending review, da adottarsi attraverso riforme strutturali e incisive in grado di rimuovere privilegi e rendite di posizione, la cui attuazione dovrebbe responsabilizzare tutta la classe politica, in maniera "bipartisan", senza false promesse o strumentalizzazioni auspicando, magari, un vincolo a livello costituzionale, così come attuato per il pareggio di bilancio.