AUTORE:
Tommaso Zoppas
ANNO ACCADEMICO: 2022
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą Commerciale Luigi Bocconi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’analisi della pervasività del principio di concorrenza all’interno del mercato delle concessioni demaniali marittime costituisce una tematica quanto mai attuale, in ragione del fermento legislativo e del dibattito giurisprudenziale in atto, ove si scontrano, ormai da più di venti anni, le posizioni degli attuali concessionari – spesso supportati da governi che ne hanno preservato le aspettative con variegate misure – e le relative risposte da parte degli organi europei.
Ed invero, la Commissione Europea, al fine di realizzare il mercato unico, liberalizzando la circolazione dei servizi e delle persone, se, da sempre, aveva mostrato interesse principalmente al mondo degli appalti pubblici, ha concentrato la sua attenzione, ormai dalla prima procedura di infrazione azionata nel 2008, al mercato delle concessioni demaniali, inizialmente restato ai margini della sua attività di promozione e tutela degli interessi europei.
Con due atti fondamentali ai fini del presente lavoro, e cioè la direttiva 2006/123/CE “direttiva Bolkestein” – ed in particolare l’art. 12 della stessa – e la sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016, i principi dell’Unione Europea in materia sono definitivamente penetrati nel nostro ordinamento giuridico, affermandosi l’illegittimità di qualsiasi intervento normativo che provi a riproporre surrettiziamente il diritto di insistenza in favore dei concessionari, istituto espunto a fatica dal nostro ordinamento.
A tali atti, lo Stato ha preferito, anziché riformare finalmente il settore ed adeguandolo ai nuovi principi europei – laddove, peraltro, la normativa interna, il Codice della navigazione, risale addirittura al 1942 – disporre, con la forma “moderna” del diritto di insistenza, mediante la L. n. 145/2018, la proroga della durata dei titoli in scadenza sino al 31 dicembre 2033.
È evidente, pertanto, che è in atto un vero e proprio conflitto tra poteri, e ciò sia nello Stato (tra magistratura e potere esecutivo) sia in campo sovranazionale (tra UE e Stato italiano), conflitto che, però, sotto un punto di vista eminentemente giuridico, vede inevitabilmente vincitrice l’UE in ragione della pacifica prevalenza del diritto euro-unitario su quello interno, così come ampiamente sancito dalla nostra giurisprudenza costituzionale.
Vi è da chiedersi il motivo per il quale, invece, paesi come la Spagna siano riusciti - almeno per ora - nell’intento di “tutelare” i loro concessionari riuscendo a prorogare i titoli in scadenza; mentre lo Stato italiano, nonostante le ritrosie di quasi tutti i governi a riconoscere l’applicazione dei principi europei in materia, non sia riuscito a dare una risposta, prima che giuridica, squisitamente politica alla problematica, anche raggiungendo dei compromessi nelle opportune sedi europee.
Peraltro, il clima di incertezza che aleggia sul mercato delle concessioni demaniali marittime ha, quale effetto, non solo quello di incidere negativamente sul traffico giuridico, ma anche quello di disincentivare gli investimenti, con ricadute evidenti su tutta la collettività, laddove i cittadini si trovano a fruire di strutture insistenti su beni demaniali ormai, nella maggior parte, vetuste.
Ed invero, la Commissione Europea, al fine di realizzare il mercato unico, liberalizzando la circolazione dei servizi e delle persone, se, da sempre, aveva mostrato interesse principalmente al mondo degli appalti pubblici, ha concentrato la sua attenzione, ormai dalla prima procedura di infrazione azionata nel 2008, al mercato delle concessioni demaniali, inizialmente restato ai margini della sua attività di promozione e tutela degli interessi europei.
Con due atti fondamentali ai fini del presente lavoro, e cioè la direttiva 2006/123/CE “direttiva Bolkestein” – ed in particolare l’art. 12 della stessa – e la sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016, i principi dell’Unione Europea in materia sono definitivamente penetrati nel nostro ordinamento giuridico, affermandosi l’illegittimità di qualsiasi intervento normativo che provi a riproporre surrettiziamente il diritto di insistenza in favore dei concessionari, istituto espunto a fatica dal nostro ordinamento.
A tali atti, lo Stato ha preferito, anziché riformare finalmente il settore ed adeguandolo ai nuovi principi europei – laddove, peraltro, la normativa interna, il Codice della navigazione, risale addirittura al 1942 – disporre, con la forma “moderna” del diritto di insistenza, mediante la L. n. 145/2018, la proroga della durata dei titoli in scadenza sino al 31 dicembre 2033.
È evidente, pertanto, che è in atto un vero e proprio conflitto tra poteri, e ciò sia nello Stato (tra magistratura e potere esecutivo) sia in campo sovranazionale (tra UE e Stato italiano), conflitto che, però, sotto un punto di vista eminentemente giuridico, vede inevitabilmente vincitrice l’UE in ragione della pacifica prevalenza del diritto euro-unitario su quello interno, così come ampiamente sancito dalla nostra giurisprudenza costituzionale.
Vi è da chiedersi il motivo per il quale, invece, paesi come la Spagna siano riusciti - almeno per ora - nell’intento di “tutelare” i loro concessionari riuscendo a prorogare i titoli in scadenza; mentre lo Stato italiano, nonostante le ritrosie di quasi tutti i governi a riconoscere l’applicazione dei principi europei in materia, non sia riuscito a dare una risposta, prima che giuridica, squisitamente politica alla problematica, anche raggiungendo dei compromessi nelle opportune sedi europee.
Peraltro, il clima di incertezza che aleggia sul mercato delle concessioni demaniali marittime ha, quale effetto, non solo quello di incidere negativamente sul traffico giuridico, ma anche quello di disincentivare gli investimenti, con ricadute evidenti su tutta la collettività, laddove i cittadini si trovano a fruire di strutture insistenti su beni demaniali ormai, nella maggior parte, vetuste.