AUTORE:
Desirče Camerano
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitā degli Studi di Torino
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Nell’ambito della cosiddetta quarta rivoluzione industriale, o era della digitalizzazione, le innovazioni tecnologiche e gli strumenti informatici sono ormai diventati parte integrante della vita di ogni persona, coinvolgendo ogni suo ambito, da quello privato a quello lavorativo. Ed è proprio in merito alle conseguenze che l’utilizzo di strumenti quali le piattaforme digitali - utilizzate come tramite per la ricerca e talvolta lo svolgimento di un’attività lavorativa - ha generato, che si concentra il presente elaborato.
La platform economy, ovvero quel settore del mercato del lavoro contraddistinto dalla sussistenza di una piattaforma digitale quale intermediario nel rapporto tra domanda ed offerta di lavoro, si presenta come un mondo eterogeneo e variegato comprendente svariate tipologie di servizi e modalità di svolgimento della prestazione: dalla sharing economy, al crowdwork, sino all’on-demand economy; quest’ultimo, definito anche gig economy, si presenta nell’ordinamento italiano come il segmento maggiormente rappresentativo e diffuso della nuova economia delle piattaforme.
La diffusione e l’incremento dei soggetti che si interfacciano con una piattaforma digitale al fine di reperire un lavoro porta con sé svariati problemi a fronte del fatto che si tratta di una modalità lavorativa nuova ed inedita; tra i molteplici problemi, quello che pone maggiori criticità è indubbiamente quello relativo alla qualificazione dei rapporti di lavoro che si vengono ad instaurare tra il gig-worker e la piattaforma digitale, specie in ordinamenti quali quello italiano, contraddistinti da una netta divisione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Le effettive modalità attraverso le quali il rapporto si concretizza, infatti, a fronte di un formale inquadramento nell’ambito del lavoro autonomo, risultano sovente assimilabili a quelle caratterizzanti i rapporti di lavoro alle altrui dipendenze; ne deriva un deficit in termini di tutele nei confronti di questi lavoratori, costretti in una sorta di “zona grigia” tra il lavoro subordinato e quello autonomo.
Il presente elaborato affronta principalmente il problema della qualificazione di una determinata categoria di gig-workers: si tratta dei riders, ovvero dei fattorini che, in sella alla propria bicicletta, si occupano di effettuare consegne di cibo e/o bevande a domicilio reperite mediante l’intermediazione di una piattaforma digitale.
Attraverso l’analisi delle prime pronunce italiane in merito, cui si aggiungono cenni relativamente alle decisioni emanate in ordinamenti stranieri, si fornirà un quadro dell’attuale situazione nella quale si trovano tali lavoratori.
La diffusione di questa nuova categoria di prestatori di lavoro e le relative pretese in termini di maggiore tutela hanno spinto comuni, regioni e, da ultimo, il legislatore a fornire un assetto di diritti al fine di garantire a tali soggetti la protezione che ogni forma di lavoro, in ossequio a quanto previsto dall’art. 35 Cost., merita di ricevere.
Sebbene ad oggi il quadro normativo predisposto dal legislatore si presenti ancora relativamente scarno e soggettivamente circoscritto ad una determinata categoria di lavoratori, si tratta di un primo passo al fine di regolamentare in maniera quanto più unitaria possibile un mondo variegato ed eterogeneo quale quello della gig-economy.
La platform economy, ovvero quel settore del mercato del lavoro contraddistinto dalla sussistenza di una piattaforma digitale quale intermediario nel rapporto tra domanda ed offerta di lavoro, si presenta come un mondo eterogeneo e variegato comprendente svariate tipologie di servizi e modalità di svolgimento della prestazione: dalla sharing economy, al crowdwork, sino all’on-demand economy; quest’ultimo, definito anche gig economy, si presenta nell’ordinamento italiano come il segmento maggiormente rappresentativo e diffuso della nuova economia delle piattaforme.
La diffusione e l’incremento dei soggetti che si interfacciano con una piattaforma digitale al fine di reperire un lavoro porta con sé svariati problemi a fronte del fatto che si tratta di una modalità lavorativa nuova ed inedita; tra i molteplici problemi, quello che pone maggiori criticità è indubbiamente quello relativo alla qualificazione dei rapporti di lavoro che si vengono ad instaurare tra il gig-worker e la piattaforma digitale, specie in ordinamenti quali quello italiano, contraddistinti da una netta divisione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Le effettive modalità attraverso le quali il rapporto si concretizza, infatti, a fronte di un formale inquadramento nell’ambito del lavoro autonomo, risultano sovente assimilabili a quelle caratterizzanti i rapporti di lavoro alle altrui dipendenze; ne deriva un deficit in termini di tutele nei confronti di questi lavoratori, costretti in una sorta di “zona grigia” tra il lavoro subordinato e quello autonomo.
Il presente elaborato affronta principalmente il problema della qualificazione di una determinata categoria di gig-workers: si tratta dei riders, ovvero dei fattorini che, in sella alla propria bicicletta, si occupano di effettuare consegne di cibo e/o bevande a domicilio reperite mediante l’intermediazione di una piattaforma digitale.
Attraverso l’analisi delle prime pronunce italiane in merito, cui si aggiungono cenni relativamente alle decisioni emanate in ordinamenti stranieri, si fornirà un quadro dell’attuale situazione nella quale si trovano tali lavoratori.
La diffusione di questa nuova categoria di prestatori di lavoro e le relative pretese in termini di maggiore tutela hanno spinto comuni, regioni e, da ultimo, il legislatore a fornire un assetto di diritti al fine di garantire a tali soggetti la protezione che ogni forma di lavoro, in ossequio a quanto previsto dall’art. 35 Cost., merita di ricevere.
Sebbene ad oggi il quadro normativo predisposto dal legislatore si presenti ancora relativamente scarno e soggettivamente circoscritto ad una determinata categoria di lavoratori, si tratta di un primo passo al fine di regolamentare in maniera quanto più unitaria possibile un mondo variegato ed eterogeneo quale quello della gig-economy.