AUTORE:
Marco Barbagallo
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Trento
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il contributo esamina la nuova misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario delle aziende prevista all’art. 34-bis del D.lgs. 159/2011 (c.d. Codice antimafia), la cui genesi si rinviene nella recente legge di riforma organica al corpus n. 161 del 17 ottobre 2017. Il legislatore, sulla spinta dell’evoluzione ideologica sviluppatasi già negli ultimi anni del secolo scorso, positivizza la richiesta di affinare il sistema della prevenzione antimafia rendendolo più confacente ad una ponderazione tra due dei principali interessi rilevanti nel settore: il libero esercizio dell'attività d'impresa ed un’efficace prevenzione dell'infiltrazione mafiosa nel tessuto economico lecito. Già la collocazione topografica dell’art. 34-bis è indice delle finalità cui l’istituto è preordinato. Rientra tra le “misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca”, il cui impianto è stato fortemente inciso dalla novella del 2017. All’introduzione del mezzo in esame, si accompagna la totale riscrittura dell’art. 34 disciplinante l’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche, che assume importanza centrale in quanto maior rispetto al nuovo strumento. Si tratta di misure che autorizzano un’ingerenza dello Stato nelle aziende che fiancheggino o siano a rischio di contaminazione mafiosa, senza implicare una totale estromissione dei soggetti titolari della governance gestionale. L’obiettivo è duplice: salvare realtà imprenditoriali che rivelino un’insufficiente attitudine nel difendersi dai tentativi di commistione criminale e fornire un apporto concreto nel ripristino della legalità, garantendo al contempo la continuità aziendale dell’impresa. Il controllo giudiziario delle aziende si applica in luogo dell’amministrazione giudiziaria quando sussistono circostanze di fatto dalle quali si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose nell’attività. La residualità dello strumento si ricollega al presupposto cardine dell’agevolazione degli interessi mafiosi declinata dal primo comma dell’articolo 34. La condotta, nel contesto del controllo, presenta contorni meno stringenti, in quanto l’art. 34-bis la correla all'elemento dell’occasionalità. Si richiede, dunque, un apporto episodico, carente del carattere di stabilità che giustificherebbe il ricorso a mezzi più incisivi. Ne deriva che la misura troverà spazio in presenza di un contributo agevolatore isolato e discontinuo che, al contempo, presenti un’efficacia causale nel rafforzamento dell’attività illecita. Caratteristica principale dell’istituto è quella di non determinare alcuna forma di spossessamento gestorio. Si concretizza in una “vigilanza prescrittiva” attuabile, anche d’ufficio, dal Tribunale competente, mediante l’imposizione al proposto di obblighi comunicativi-informativi da soddisfare nei confronti dell’autorità giudiziaria, ovvero nella nomina di un amministratore giudiziario con funzioni di monitoraggio dall’interno dell’azienda. La novità più importante è prevista dal sesto comma della disposizione, che permette alla stessa impresa di poter chiedere sua sponte al Tribunale l’adozione del controllo giudiziario, qualora risulti destinataria di una interdittiva antimafia e abbia impugnato il relativo provvedimento in sede amministrativa. La conseguenza derivante dall'accettazione è individuata dal settimo comma dell’art. 34-bis nella sospensione degli effetti della misura prefettizia, particolarmente limitativi dello spazio di manovra specie nei rapporti con la pubblica amministrazione. La previsione, tuttavia, ha suscitato dubbi sulla natura dell’iniziativa concessa ai privati, considerabile alla stregua di un diritto potestativo che si presterebbe ictu oculi ad un utilizzo strumentale finalizzato ad aggirare l’interdizione scaturente dalla decisione del Prefetto. Problematiche che hanno impegnato la prima giurisprudenza occupatasi dell’argomento, incentrata sul rifiuto della tesi del presunto automatismo del controllo giudiziario “volontario”, che ridurrebbe il compito del Tribunale ad un mero accertamento formale dei requisiti senza poterne vagliare la concreta idoneità rispetto alla circostanza fattuale.