AUTORE:
Francesca Calabrese
ANNO ACCADEMICO: 2016
TIPOLOGIA: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
ATENEO: Universitą degli studi di Guglielmo Marconi di Roma
FACOLTÀ: Scuola di specializzazione per le professioni legali
ABSTRACT
Il termine casa tradizionalmente si riferisce a quel luogo dove si può dimorare protetti. Il binomio casa e famiglia, con il passare del tempo, si è fuso e ha trovato una sistemazione definitiva nell'espressione “casa familiare”, con la quale solitamente si dà una definizione della tipologia che l'immobile assume in presenza di un nucleo familiare lì stabilitosi.
L'immobile viene considerato, quindi, come centro di aggregazione durante la convivenza, comprendendo anche tutto ciò che è necessario e che contribuisce a definire meglio la destinazione funzionale: la casa familiare, pertanto, può essere anche intesa come l’insieme dei beni finalizzato a garantire la convivenza della famiglia. Anche il termine “abitazione”, inteso, in altra accezione, come voce sostantiva del transitivo verbale “abitare”, ha chiaramente un collegamento con la casa familiare. Va infatti osservato il dettato del codice civile all’ art. 337 sexies, 1° comma (contenuto nell'abrogato art. 155-quater), la casa familiare è da intendere strictu sensu come oggetto dell'abitazione, considerando l'accezione di “complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l'esistenza domestica della comunità familiare”. Ciò che si predilige è un'immagine della comunità, caratterizzata sempre da un'aurea di positività per evidenziare valori importanti come fiducia, solidarietà e rispetto reciproco esistenti tra i membri della famiglia. Ciò rappresenta lo spazio definito in cui è possibile organizzare la propria esistenza, completa di sentimenti, ricordi ed esplicazione delle diverse personalità; è opportuno ricordare che il termine “casa familiare”, riferito direttamente a quella comunità, acquisisce rilevanza per il diritto proprio in relazione a momenti particolari in cui fra le mura domestiche la vita dei conviventi entra in crisi.
A tal proposito rileva il nuovo art. 337 sexies c.c. introdotto con il d.lgs. n. 154/2013, rubricato “Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” attribuisce alla casa familiare una posizione centrale nell'ambito della disciplina applicabile in caso di separazione, divorzio, cessazione degli effetti civili, o nullità del matrimonio, ma anche a tutti quei procedimenti che nascono in relazione a casi particolari di figli di genitori non coniugati. Trattandosi, evidentemente, di casi tutti nascenti da un momento patologico della vita di coppia all'interno dell’habitat domestico – casalingo. All'interno del Titolo IX-bis del codice civile, intitolato “Ordini di protezione contro gli abusi familiari”, l’art. 342 ter c.c. prevede l’allontanamento dalla casa familiare come extrema ratio nel caso di condotta gravemente pregiudizievole di uno dei coniugi o conviventi.
Indubbiamente la casa è rivestita di una grande rilevanza giuridico – economica e sociale e, ancora in parte, ha la funzione di rappresentazione di benessere, per questo motivo il legame tra casa e famiglia appare, solitamente, imprescindibile e duraturo. Il diritto di abitazione, inteso come diritto reale di godimento su bene altrui che ha per oggetto una casa e consiste nel diritto di abitarla solo per i bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia, si impone sullo scenario giuridico come diritto fondamentale della persona, tutelato costituzionalmente, alla stessa stregua di quello di sposarsi e costituire una famiglia (art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o Carta di Nizza).
La norma costituzionale, riferendosi alla famiglia come società naturale, evidenzia una concezione di un luogo in cui si instaura la comunione di vita tra tutti i familiari, pertanto diritto di abitazione e diritto di costituire una famiglia nella casa familiare appaiono uniti. Pur in presenza di diverse disposizioni normative in materia di casa familiare, è evidente ad un primo sguardo che è assente, nell’ordinamento giuridico, uno statuto che disciplini in maniera armonica i numerosi profili che la specifica destinazione familiare assegnata ad un immobile può comportare. Se ci si chiede, quindi, in maniera diretta come deve intendersi giuridicamente una “casa familiare”, ci accorgiamo che il legislatore non ha fornito una risposta univoca: come già riferito in precedenza, non si è preoccupato di dare una definizione di “casa coniugale”, anche se si tratta di un termine usato molto frequentemente. Molto spesso si ricorre all'espressione “casa parafamiliare” piuttosto che “casa familiare” (adottato spesso dalla Corte di Cassazione), per voler fare un distinguo già sul piano meramente letterale fra l’assenza, nel primo caso, del vincolo matrimoniale e la presenza dello stesso nel secondo caso.
L'immobile viene considerato, quindi, come centro di aggregazione durante la convivenza, comprendendo anche tutto ciò che è necessario e che contribuisce a definire meglio la destinazione funzionale: la casa familiare, pertanto, può essere anche intesa come l’insieme dei beni finalizzato a garantire la convivenza della famiglia. Anche il termine “abitazione”, inteso, in altra accezione, come voce sostantiva del transitivo verbale “abitare”, ha chiaramente un collegamento con la casa familiare. Va infatti osservato il dettato del codice civile all’ art. 337 sexies, 1° comma (contenuto nell'abrogato art. 155-quater), la casa familiare è da intendere strictu sensu come oggetto dell'abitazione, considerando l'accezione di “complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l'esistenza domestica della comunità familiare”. Ciò che si predilige è un'immagine della comunità, caratterizzata sempre da un'aurea di positività per evidenziare valori importanti come fiducia, solidarietà e rispetto reciproco esistenti tra i membri della famiglia. Ciò rappresenta lo spazio definito in cui è possibile organizzare la propria esistenza, completa di sentimenti, ricordi ed esplicazione delle diverse personalità; è opportuno ricordare che il termine “casa familiare”, riferito direttamente a quella comunità, acquisisce rilevanza per il diritto proprio in relazione a momenti particolari in cui fra le mura domestiche la vita dei conviventi entra in crisi.
A tal proposito rileva il nuovo art. 337 sexies c.c. introdotto con il d.lgs. n. 154/2013, rubricato “Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” attribuisce alla casa familiare una posizione centrale nell'ambito della disciplina applicabile in caso di separazione, divorzio, cessazione degli effetti civili, o nullità del matrimonio, ma anche a tutti quei procedimenti che nascono in relazione a casi particolari di figli di genitori non coniugati. Trattandosi, evidentemente, di casi tutti nascenti da un momento patologico della vita di coppia all'interno dell’habitat domestico – casalingo. All'interno del Titolo IX-bis del codice civile, intitolato “Ordini di protezione contro gli abusi familiari”, l’art. 342 ter c.c. prevede l’allontanamento dalla casa familiare come extrema ratio nel caso di condotta gravemente pregiudizievole di uno dei coniugi o conviventi.
Indubbiamente la casa è rivestita di una grande rilevanza giuridico – economica e sociale e, ancora in parte, ha la funzione di rappresentazione di benessere, per questo motivo il legame tra casa e famiglia appare, solitamente, imprescindibile e duraturo. Il diritto di abitazione, inteso come diritto reale di godimento su bene altrui che ha per oggetto una casa e consiste nel diritto di abitarla solo per i bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia, si impone sullo scenario giuridico come diritto fondamentale della persona, tutelato costituzionalmente, alla stessa stregua di quello di sposarsi e costituire una famiglia (art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o Carta di Nizza).
La norma costituzionale, riferendosi alla famiglia come società naturale, evidenzia una concezione di un luogo in cui si instaura la comunione di vita tra tutti i familiari, pertanto diritto di abitazione e diritto di costituire una famiglia nella casa familiare appaiono uniti. Pur in presenza di diverse disposizioni normative in materia di casa familiare, è evidente ad un primo sguardo che è assente, nell’ordinamento giuridico, uno statuto che disciplini in maniera armonica i numerosi profili che la specifica destinazione familiare assegnata ad un immobile può comportare. Se ci si chiede, quindi, in maniera diretta come deve intendersi giuridicamente una “casa familiare”, ci accorgiamo che il legislatore non ha fornito una risposta univoca: come già riferito in precedenza, non si è preoccupato di dare una definizione di “casa coniugale”, anche se si tratta di un termine usato molto frequentemente. Molto spesso si ricorre all'espressione “casa parafamiliare” piuttosto che “casa familiare” (adottato spesso dalla Corte di Cassazione), per voler fare un distinguo già sul piano meramente letterale fra l’assenza, nel primo caso, del vincolo matrimoniale e la presenza dello stesso nel secondo caso.