In generale, l’amministrazione può procedere all’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo sia per vizi di natura procedimentale, che sostanziale. In egual modo, il privato cittadino, danneggiato dall'attività amministrativa, può procedere all'impugnazione del provvedimento amministrativo. In particolare, egli, in qualità di controinteressato, è titolare di un interesse di stampo procedimentale art. 100 del c.p.c., finalizzato alla tutela del proprio interesse legittimo di natura sostanziale all'annullamento del provvedimento amministrativo, emanato a favore del soggetto titolare. L'azione di annullamento è esperibile dinanzi al giudice amministrativo, qualora quest'ultimo sia perfezionato in violazione di legge, eccesso di potere, ovvero in stato di incompetenza art. 21 octies della legge sul proc. amministrativo.
A seguito di annullamento di un provvedimento amministrativo favorevole, d'ufficio (da parte della P.A. con il mezzo dell'autotutela) o su istanza di parte, il il soggetto privato destinatario dello stesso può agire giudizialmente, al fine di richiedere il risarcimento del danno alla P.A.: è quanto statuito all’interno delle sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 19, 20 e 21 del 2021, ove si precisa che, in materia di danno da provvedimento favorevole, e poi annullato, la giurisdizione è affidata al Giudice amministrativo, essendo l’attività provvedimentale strettamente legata all’esercizio del pubblico potere.
Il riconoscimento della somma a titolo risarcitorio è, tuttavia, condizionata dalla previa verifica da parte dell'Organo Giudicante circa la spettanza sostanziale del bene della vita a favore del soggetto agente, titolare del provvedimento favorevole, e poi annullato: in altri termini, solo qualora quest’ultimo vanti un interesse legittimo qualificato al riconoscimento del bene della vita da parte della P.A. (poi disconosciuto a seguito di annullamento del provvedimento a lui favorevole), è possibile riconoscergli somma a titolo di ristoro del complessivo danno subito stante il comportamento del soggetto pubblico. La pubblica amministrazione, attraverso l'emanazione del provvedimento amministrativo, generava in capo al cittadino un legittimo affidamento, poi successivamente leso stante il suo comportamento scorretto art. 1375 del c.c..
Il risarcimento del danno a favore del privato da parte della Pubblica amministrazione è strettamente collegato al bene della vita a cui il privato aspira.
Cosicché, la giurisprudenza di legittimità ha nel tempo escluso la possibilità del privato di esperire azione di risarcimento del danno in caso di annullamento del provvedimento amministrativo da parte della Pubblica Amministrazione per meri vizi procedimentali (si pensi, ad esempio, alle situazioni di annullamento del provvedimento per mero difetto di istruttoria, o in caso di vizio di motivazione del provvedimento amministrativo). Ciò in quanto trattasi di situazioni patologiche del provvedimento non strettamente collegate alla spettanza del bene della vita, e pertanto non direttamente inficianti sulla sfera giuridica del privato interessato.
A tal proposito, è necessario anche tenere in considerazione che, ad oggi, la maggior parte dei vizi di carattere formale non ha idoneità ad invalidare il provvedimento amministrativo: difatti, l’art. 21 octies della legge sul proc. amministrativo comma 2, statuisce che: “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Dunque, il mancato riconoscimento del risarcimento del danno in caso di annullamento del provvedimento amministrativo inficiato da vizi meramente procedimentali, secondo la giurisprudenza, dipende anche dalla possibilità per la Pubblica amministrazione di intervenire successivamente sull’atto amministrativo formalmente viziato, eliminando il vizio attraverso il rinnovo dell’attività provvedimentale. Il provvedimento amministrativo successivamente sanato da parte del soggetto pubblico non è più portatore del vizio lamentato dal privato: pertanto, nulla sarebbe dovuto a titolo di risarcimento del danno (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675).
Il Consiglio di Stato, all’interno della pronunzia in esame, ha ribadito, avallando l’interpretazione della giurisprudenza maggioritaria, l’irrisarcibilità del danno derivante da mero vizio procedimentale del provvedimento amministrativo: è possibile, difatti, per il soggetto pubblico modificare il provvedimento viziato, attraverso l’esercizio del potere discrezionale, sanando così il vizio formale presente. In tal caso, resta fermo, tuttavia, il divieto dell’amministrazione di riemettere il provvedimento amministrativo nella stessa forma di quello precedente, ossia replicando i vizi formali (ma anche sostanziali) in precedenza previsti.