La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15349 del 21 giugno 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti della Telecom, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti (artt. 2043 e 2059 c.c.), in quanto la società aveva arbitrariamente sospeso il collegamento ad internet di cui fruiva il suo studio professionale, per un periodo di circa due mesi.
La Telecom contestava la domanda dell’attore, osservando che l’interruzione del servizio era avvenuta in quanto l’attore era passato ad un altro gestore telefonico, che veniva, dunque, chiamato in causa.
Il Giudice di Pace, decidendo nel merito della controversia, giungeva alla conclusione di dover condannare entrambe le compagnie telefoniche al risarcimento del danno subito dal professionista.
Il Tribunale, in sede di appello, accertava che, effettivamente, la Telecom aveva interrotto illegittimamente il servizio ADSL non appena l’altra compagnia telefonica le aveva comunicato il passaggio alla sua gestione, mentre, invece, la stessa avrebbe dovuto trasferire al nuovo gestore la linea internet, senza interrompere il servizio.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda risarcitoria avanzata dal professionista, ritenendo che lo stesso non avesse provato il danno subito.
Il professionista, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, e rigettava il ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, in particolare, che il danno patrimoniale da mancato guadagno, lamentato dal ricorrente, presuppone che sia provato il guadagno che il soggetto avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta.
Di conseguenza, secondo la Corte, la liquidazione di tale danno richiede “un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità)”, che può essere svolto “in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente”, dai quali il giudice possa desumere l’entità del danno subito.
Per quanto riguarda il danno non patrimoniale, invece, la Cassazione evidenziava che il Tribunale aveva correttamente escluso che il disservizio avesse comportato la violazione del “diritto alla comunicazione” del ricorrente, in quanto questi non aveva indicato alcuna limitazione che potesse essere ritenuta di gravità tale da “pregiudicargli seriamente il diritto a comunicare”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal professionista, confermando integralmente la sentenza resa dal Tribunale.