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Ricovero in RSA, ora il costo della retta è a carico del Servizio Sanitario, senza spese per le famiglie: nuova sentenza

Ricovero in RSA, ora il costo della retta è a carico del Servizio Sanitario, senza spese per le famiglie: nuova sentenza
La Corte d’Appello di Milano ha stabilito che, quando l’assistenza di base è indispensabile per garantire le cure sanitarie in RSA, l’intero costo del ricovero è a carico del Servizio Sanitario, senza spese per le famiglie
Una recente pronuncia della Corte d’Appello di Milano potrebbe aprire un capitolo nuovo nella gestione delle rette delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). La decisione – sentenza n. 1644/2025 – stabilisce che, quando l’assistenza di base è indispensabile per rendere possibile un percorso di cure sanitarie, l’intero costo del ricovero deve essere sostenuto dal Servizio Sanitario Regionale, senza oneri per la famiglia. La decisione della Corte ha una portata che va ben oltre i casi di Alzheimer.

RSA e “retta”
Le RSA sono strutture dedicate a persone non autosufficienti che necessitano di un’assistenza continuativa, integrando cure mediche e supporto alla vita quotidiana.
La c.d. “retta” è l’importo giornaliero che copre tutti i servizi previsti dalla struttura, ovvero trattamenti sanitari (visite mediche, assistenza infermieristica, riabilitazione), aiuto nelle attività di base, vitto e alloggio.

Il quadro normativo di riferimento è duplice: il DPCM 14 febbraio 2001 disciplina la ripartizione delle spese in ambito socio-sanitario, mentre i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), aggiornati con il DPCM 12 gennaio 2017, definiscono quali prestazioni devono essere garantite dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Come si dividono i costi tra “quota sanitaria” e “quota sociale”
La legge distingue tre tipologie di prestazioni:
  • sanitarie a rilevanza sociale, integralmente a carico delle ASL;
  • sociali a rilevanza sanitaria, di competenza comunale con possibile compartecipazione dell’utente;
  • socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, che ricadono totalmente sul fondo sanitario.

Proprio quest’ultima categoria costituisce il fulcro della sentenza dei giudici milanesi: se il trattamento terapeutico richiede, in modo indissolubile, anche l’assistenza di base, allora l’intero costo va imputato al SSN.

Il caso concreto: dal Tribunale alla Corte d’Appello
Tutto parte dal ricorso di un uomo a cui era stata chiesta una somma di oltre 26.000 euro per il ricovero della madre in RSA. La donna soffriva di demenza senile, gravi deficit cognitivi, diabete e altre patologie croniche. Nonostante un contratto firmato con la struttura, il figlio sosteneva che, in base al DPCM del 2001, la madre fosse esonerata dal pagamento, visto che il suo caso rientrava tra quelli in cui assistenza e cure sono inscindibili.
La RSA, invece, richiedeva il pagamento del 50% dei costi, visto che la restante parte era stata già coperta dalla Regione.

Il Tribunale di Milano, in primo grado, aveva respinto il ricorso, sostenendo che la donna fosse affetta “solo da un deficit cognitivo moderato” e non da Alzheimer. La stessa, inoltre, era autonoma in varie attività della vita quotidiana, per cui l’assistenza richiesta non aveva un legame così stretto con le cure sanitarie.

La svolta in Appello
La Corte d’Appello di Milano ha ribaltato la sentenza, accogliendo le argomentazioni del ricorrente e dichiarando nullo il contratto. Secondo i giudici, le prestazioni erogate rientravano nelle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, come definite dal DPCM 14 febbraio 2001 e già in passato riconosciute dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 33394 del 19 dicembre 2024, ove gli Ermellini hanno statuito che “nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite "se non congiuntamente" all'attività di natura socioassistenziale, cosicché non sia possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale, in ogni caso, la natura sanitaria del servizio, in quanto le altre prestazioni (di natura diversa) debbono ritenersi avvinte alle prime da un nesso di strumentalità necessaria, essendo dirette alla "complessiva prestazione" che deve essere erogata a titolo gratuito. Dimostrata la natura inscindibile ed integrata della prestazione, l'intervento sanitario-socioassistenziale rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal Sistema sanitario pubblico, in quanto la struttura convenzionata/accreditata garantisce all'assistito, attraverso il servizio integrato, il programma terapeutico, secondo un piano di cura personalizzato”.

La Corte d’Appello ha altresì richiamato un’altra pronuncia della Cassazione, la n. 2038/2023, in cui la Suprema Corte ha affermato che, per rendere la prestazione assistenziale inscindibilmente connessa a quella sanitaria, è sufficiente che siano erogate prestazioni sanitarie collegate.
Il principio chiave ribadito è che, quando le cure sanitarie non possono essere fornite senza l’assistenza di base, quest’ultima assume natura sanitaria a tutti gli effetti. In tali situazioni, il ricovero deve essere completamente finanziato dal sistema pubblico, indipendentemente dal tipo di patologia.


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