Nel caso esaminato dalla Cassazione, due fratelli e due coniugi, proprietari di due terreni, siti uno di fronte all’altro, avevano sottoscritto una scrittura privata, con la quale si concedevano reciprocamente il “diritto di accesso e transito con ogni mezzo su una striscia di terreno intercorrente tra le rispettive proprietà, la quale doveva avere la larghezza costante di metri otto”.
Successivamente, i fratelli, proprietari di uno dei terreni in questione, avevano ceduto la proprietà ad una società, la quale aveva agito in giudizio al fine di veder chiarito il valore giuridico della scrittura privata sopra citata.
Il Tribunale di Bari, pronunciatosi in primo grado, aveva dichiarato la piena efficacia della scrittura privata, precisando che la stessa “aveva dato luogo alla costituzione di una servitù reciproca di accesso e transito sui rispettivi terreni delle parti”.
La sentenza, tuttavia, era stata riformata in secondo grado, in quanto, secondo la Corte d’appello, la stradina privata in cui veniva esercitato il passaggio era divenuta di “uso pubblico”, con la conseguenza che, la costituita “servitù di uso pubblico” aveva fatto venir meno l’interesse delle parti rispetto all’originaria servitù prediale, costituita con la scrittura privata.
Ritenendo la decisione ingiusta, i coniugi che avevano sottoscritto la scrittura privata avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione ai coniugi, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che “una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l'ente pubblico ovvero nel caso in cui l'uso pubblico (…) si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell'acquisto per usucapione”.
Precisava la Cassazione, inoltre, che, affinchè un’area privata possa “ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione”, è necessario che:
1) una collettività indeterminata di individui faccia un uso generalizzato del passaggio;
2) il bene sia oggettivamente idoneo “a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù”;
3) sia trascorso il tempo necessario per l’acquisto per usucapione (vent’anni).
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, la Corte d’appello di Bari, nel ritenere sussistente una servitù di uso pubblico sulla stradina oggetto di contestazione, non aveva adeguatamente verificato “la ricorrenza dei presupposti normativi per poterne ritenere l'avvenuta costituzione”.
Secondo la Cassazione, infatti, “in assenza di una convenzione tra i proprietari dell'area e l'ente comunale”, la Corte d’appello avrebbe dovuto “verificare attentamente la sussistenza dei presupposti necessari per la costituzione della servitù di uso pubblico per usucapione”.
Evidenziava, peraltro, la Cassazione, che, poiché nel caso in esame il terreno su cui insisteva la strada era, comunque, rimasto di proprietà privata, la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto “che l'interesse degli attori ad ottenere il rispetto della servitù prediale, costituita convenzionalmente tra le parti in forza della scrittura (…), fosse venuto meno”.
Secondo la Cassazione, infatti, “la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella (qualora fosse accertata) non escluderebbe certo, di per sè, la coesistenza di una servitù di natura privata insistente sulla medesima stradella, ove tale ultima servitù (…) avesse un contenuto non incompatibile con quello della pretesa servitù di uso pubblico”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dai proprietari del terreno, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.