La Cassazione, con l’ordinanza n. 30087 del 26 ottobre 2021, si è recentemente espressa sulla questione dell’efficacia vincolante o meno per il giudice della nota spese che, in ossequio all’art. 75 c.p.c., il difensore deposita al momento del passaggio in decisione della causa al fine di indicare, in modo distinto e specifico, gli onorari e le spese.
Nel caso di specie, in particolare, il ricorrente – vittorioso sia in primo che in secondo grado –lamentava che, nel condannare la parte soccombente alla rifusione delle spese di entrambi i gradi precedenti, il giudice aveva liquidato i compensi a lui spettanti ignorando la nota spese e scendendo addirittura sotto i valori minimi dei parametri tabellari fissati dal D.M. 55/2014.
Nell’ordinanza in esame, la Suprema Corte innanzitutto ha ricordato che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, non sussiste più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari e che i parametri di determinazione del compenso e le soglie numeriche di riferimento costituiscono meri criteri di orientamento, individuando la misura economica standard del valore della prestazione professionale. Per tale ragione, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi.
La Corte, nella motivazione della recente pronuncia, ha altresì richiamato quanto affermato dalle Sezioni Unite del 2012 circa l’applicazione ratione temporis dei nuovi parametri, che devono essere applicati ogniqualvolta la liquidazione giudiziale intervenga successivamente all’entrata in vigore del decreto e si riferisca a prestazioni non ancora concluse in quella data, sulla scorta di un’accezione onnicomprensiva di compenso.
Ciò premesso, il Collegio ha allora affrontato la questione della valenza della nota spese, affermando che essa rappresenta un “limite al potere del giudice di liquidazione dei compensi alla parte vittoriosa”, sotto un duplice aspetto.
In primo luogo, infatti si è affermato che il giudice, nella liquidazione di spese, diritti e onorari, non può riconoscere alla parte una somma inferiore a quella richiesta senza fornire esplicita motivazione circa le ragioni per cui il rimborso è considerato dovuto in tale misura. Ciò in quanto la nota spese ha valore vincolante, nel senso che mediante essa la parte fissa l’oggetto della condanna richiesta al giudice.
In secondo luogo, la Suprema Corte ha statuito che la nota spese ha efficacia vincolante anche in relazione alla somma massima liquidabile. Il giudice, infatti, non può discrezionalmente attribuire alla parte a titolo di rimborso spese una somma di entità superiore a quella richiesta con la nota, perché ciò sarebbe in contrasto con quanto previsto dall’art. 112 c.p.c., che impone il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Ciò chiarito, la Corte si è interrogata circa la possibilità che il valore vincolante della nota spese sia compromesso da un’eventuale modifica dei parametri tabellari successiva al suo deposito. Orbene, sul punto il Supremo Collegio opta per la soluzione negativa, ritenendo che non è possibile superare la richiesta contenuta nella nota spese in assenza di una modifica della domanda della parte.
La nota spese è vincolante per il giudice, che non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso spese, una somma superiore o immotivatamente inferiore a quanto richiesto.