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Navigare su internet al lavoro, rischi il licenziamento, attento anche a cosa pubblichi sui Social: sentenza Cassazione

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Navigare su internet al lavoro, rischi il licenziamento, attento anche a cosa pubblichi sui Social: sentenza Cassazione
Si può essere licenziati per aver utilizzato Internet per motivi personali durante l'orario di lavoro?
In Italia, quasi 43 milioni di persone, ovvero circa il 73% della popolazione, utilizzano i social network. Con la crescente diffusione di smartphone e altri dispositivi elettronici, molti accedono ai social in ogni momento, persino sul posto di lavoro. Ma è consentito ai dipendenti navigare su Internet o sui social per motivi personali durante l'orario di lavoro?
Le regole sull'uso di Internet al lavoro
I lavoratori subordinati hanno l’obbligo di dedicarsi al proprio lavoro per tutta la durata dell'orario lavorativo, seguendo le istruzioni del datore di lavoro e svolgendo i compiti con la massima cura. Durante l'orario di lavoro, un dipendente che si distrae navigando su Internet rischia di non adempiere ai suoi doveri.
Anche se Internet è ormai essenziale in molte professioni, usarlo per scopi personali durante l'orario di lavoro costituisce una violazione degli obblighi contrattuali. Alcune aziende stabiliscono queste regole attraverso policy interne o regolamenti informatici, che spesso vietano l’uso dei social o ne limitano l’uso a brevi pause, a condizione che non interferisca con il lavoro.
Licenziamento per uso personale di Internet sul lavoro
Nella maggior parte dei casi, l'utilizzo di Internet per scopi personali durante l'orario di lavoro è considerato una violazione disciplinare. Ma può portare al licenziamento?
Secondo la legge italiana, la sanzione disciplinare deve essere proporzionata alla gravità dell'infrazione. Navigare sui social per pochi minuti non è paragonabile a passare ore su Internet per motivi personali. Tuttavia, in situazioni gravi, il datore di lavoro può procedere con il licenziamento per giusta causa, se l'infrazione è così grave da impedire la continuazione del rapporto di lavoro.
Sentenze della Cassazione e dei tribunali
La Corte di Cassazione ha confermato, con la sentenza n. 3133 del 1° febbraio 2019, la legittimità del licenziamento di una dipendente che aveva passato più tempo su Internet che a lavorare. La cronologia del suo computer dimostrava un uso eccessivo per scopi personali, ben oltre il tollerabile.
Un’altra sentenza del Tribunale di Bari (n. 2363 del 10 giugno 2019) ha giudicato legittimo il licenziamento di una dipendente che, durante l’orario di lavoro, utilizzava il cellulare aziendale per accedere al proprio profilo Facebook e svolgere attività non autorizzate. La dipendente condivideva anche informazioni riservate con concorrenti dell’azienda, violando gravemente i doveri di correttezza e buona fede.
Il comportamento dei lavoratori su Internet ha portato a una serie di altre sentenze. Per esempio, la Cassazione ha giudicato legittimo il licenziamento di un dipendente che aveva pubblicato commenti offensivi sul datore di lavoro su Facebook, violando così l'obbligo di fedeltà (Cassazione n. 10280 del 27 aprile 2018).
Un’altra sentenza (Cassazione n. 6047 del 13 marzo 2018) ha confermato il licenziamento di un lavoratore che, durante un'assenza per malattia, aveva postato foto mentre suonava a un concerto, dimostrando di non essere malato.
In conclusione, l'uso di Internet per scopi personali sul lavoro può comportare sanzioni disciplinari e, nei casi più gravi, il licenziamento. Tuttavia, i datori di lavoro devono rispettare le norme sulla protezione dei dati e sulla privacy quando raccolgono prove per contestare comportamenti scorretti dei dipendenti.

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