È noto, infatti, che in caso di mediazione obbligatoria oppure di mediazione delegata dal giudice l’esperimento della mediazione vale come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Tale previsione, di chiara matrice deflattiva, comporta quindi che, senza mediazione, la domanda non potrà essere decisa dal giudice.
A tali riguardi, l’art. 5 co. 2 bis D. Lgs. 28/2010 precisa che “quando l'esperimento del procedimento di mediazione e condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”.
La norma appena riportata, tuttavia, è suscettibile di una duplice interpretazione:
- secondo una prima possibilità, la mancanza di un accordo presuppone una ipotesi transattiva discussa tra le parti e dunque, per l’avveramento della condizione, è imprescindibile che le parti compaiano personalmente e che la mediazione sia effettivamente avviata;
- una seconda opzione è invece quella di considerare sufficiente, per l’avveramento della condizione, l’assenza di un accordo raggiunto, potendo anche le parti comparire non personalmente ma mediante rappresentante, il quale dichiari di non avere intenzione di accordarsi.
Inoltre, secondo tale giurisprudenza “la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità a procedere oltre”.
Con il recente provvedimento, dunque, la Cassazione afferma espressamente la validità di tali principi sia per la mediazione obbligatoria sia a quella discrezione disposta da giudice.
La vicenda concreta giunta all’attenzione della Cassazione, in particolare, riguardava una controversia ereditaria instaurata tra la moglie e i figli del de cuius. Ciò che qui rileva è che, una volta giunta la causa in fase di appello, la Corte distrettuale aveva ordinato la mediazione ai sensi dell’art. 5 co. 2 bis D. Lgs. 28/2010, ma la moglie si era rifiutata di iniziare la procedura.
La Corte d’appello, pertanto, aveva dichiarato l’improcedibilità del gravame e l’inefficacia dell’appello incidentale che era stato presentato dai figli.
La moglie, quindi, aveva presentato ricorso, dolendosi dell’erroneità della decisione di seconde cure nella parte in cui non aveva ritenuto sufficiente l’avvio della mediazione da parte attorea poichè seguita dalla mancata comparizione personale dell’attrice e dalla dichiarazione del suo rappresentante di non voler raggiungere un accordo.
Ritenendo questa censura manifestamente fondata, la Corte ha quindi operato le importanti precisazioni sopra richiamate.