La vicenda in oggetto prende le mosse dal ricorso al Tribunale ordinario, in funzione di giudice del lavoro, presentato da un lavoratore che deduceva di aver subito condotte vessatorie e illegittime sul luogo di lavoro. Il lavoratore, a sostegno, produceva in giudizio, registrazioni audio raccolte con l’ausilio del proprio smartphone, utilizzato all’insaputa dei colleghi e del datore di lavoro.
Costituitasi in giudizio parte datoriale, contesta gli assunti avversi e chiede la non ammissione delle predette registrazioni fonografiche poiché raccolte in violazione dei precetti imposti dall’art. 29 del Regolamento generale sulla protezione dei dati, ritenendo peraltro sussistente il reato di violazione della privacy di cui all’art. 167 del Codice della privacy.
Le prove raccolte, per il Giudice, possono essere prodotte nel giudizio. Nello specifico, all’interno del processo lavoristico, la prova raccolta dal lavoratore mediante fonoregistrazione a mezzo di cellulare può essere validamente prodotta poiché è diritto riconosciuto alla luce del principio secondo cui la finalità difensiva esclude la necessità di richiedere il consenso dei presenti.
Pertanto, ne discende la legittimità assoluta della condotta del lavoratore che ha effettuato le registrazioni occulte, poiché pertinenti a sostenere le proprie tesi difensive sempre che non siano eccedenti le connesse finalità, così come conferma prevalente giurisprudenza. (Cass. Civ. 12534/2019; Cass. Civ. 11322/2018; Cass.Civ. 27424/2014).
Il Giudice, nell’ottica del bilanciamento tra i diritti costituzionalmente protetti dalle norme in esame, ha ritenuto prevalente al diritto dell’interessato a opporsi al trattamento dei dati personali, il diritto al trattamento degli stessi se effettuato per ragioni di giustizia vantate da altro soggetto.