Marco, dipendente dell’azienda ALFA, fruisce dei 3 giorni di permesso di cui all’art. 33, comma 3, della L. n. 104 del 1992 per assistere un familiare disabile, ricoverato presso una casa di riposo. Lo stesso dipendente riferisce che i medici della struttura documentano il bisogno di assistenza da parte di un familiare. Marco può fruire dei permessi 104 anche se il disabile non è ricoverato presso una struttura ospedaliera?
La norma di riferimento
Preliminarmente chiariamo che, a norma del succitato art. 33, quando si parla dei permessi concessi con la Legge 104, ci si riferisce ai periodi retribuiti di assenza dal lavoro, che possono essere riconosciuti a lavoratori disabili in situazione di gravità o ai lavoratori con familiari con disabilità grave.
Si parla di disabilità grave quando, in relazione all’età del soggetto disabile, la minorazione ha diminuito l’autonomia personale e ha reso necessaria l’assistenza generale, permanente e continuativa.
La disciplina dei permessi per assistenza è stata oggetto, nel corso del tempo, di alcune revisioni ad opera del legislatore nonché di vari chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa, che hanno provveduto a precisare le condizioni cui è subordinato il godimento del diritto a fruire dell’agevolazione e, soprattutto, i soggetti che ne sono titolari.
La legge 104/1992 prevede che i lavoratori dipendenti, del settore pubblico e privato, possano chiedere permessi retribuiti per assistere un familiare entro il terzo grado, in situazione di disabilità grave, sempre che quest’ultimo non sia ricoverato a tempo pieno in una struttura ospedaliera o simile, sia pubblica che privata, che assicuri assistenza sanitaria continuativa (come, ad esempio, una R.S.A.). Questo genere di assistenza, invece, non è garantito nelle residenze alberghiere come le case di riposo.
La sentenza della Cassazione
Proprio sul concetto di ricovero a tempo pieno, di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104, si sono soffermati i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza n. 21416/2019. Essi, innanzitutto, prendendo le mosse dalla giurisprudenza costituzionale sul tema, affermano che "la ratio dell’istituto dei permessi retribuiti mensili consiste nel favorire l’assistenza al soggetto in condizione di handicap grave in ambito familiare, e che risulta incompatibile con la fruizione del diritto all’assistenza da parte del disabile solo quella situazione nella quale l’assistenza è garantita in un ambiente ospedaliero o del tutto similare". Infatti - precisa la Corte - solo le strutture ospedaliere o simili possono farsi integralmente carico - sul piano terapeutico ed assistenziale - delle esigenze del disabile e rendere, quindi, non più indispensabile l’intervento dei familiari.
Il ricovero a tempo pieno – che, come detto sopra, preclude la fruizione dei permessi mensili – può essere, dunque, solo quello presso strutture ospedaliere (pubbliche o private) che siano in grado di garantire un’assistenza sanitaria continuativa, nonché assicurare al disabile grave tutte le prestazioni richieste dal suo stato di salute; qualora, invece, la struttura ospitante non sia attrezzata per fornire prestazioni sanitarie, «si interrompe la condizione del ricovero a tempo pieno in coerenza con la ratio dell’istituto dei permessi (…) che è quella di consentire l’assistenza della persona invalida che non sia altrimenti garantita o per i periodi in cui questa non lo sia».
Attraverso un articolato percorso interpretativo, i giudici giungono a sostenere che il lavoratore ha la possibilità di usufruire dei permessi per prestare assistenza a un suo congiunto anche quando questi è ricoverato presso strutture residenziali di tipo sociale, quali case-famiglia, comunità-alloggio o case di riposo, poiché queste non forniscono assistenza sanitaria continuativa; diversamente non può spettare il beneficio in caso di ricovero dell’assistito presso strutture ospedaliere o, comunque, strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
La prassi amministrativa
Dal canto suo l’Inps, con la circolare n. 155 del 03.12.2010, ha chiarito che, per ricovero a tempo pieno, debba intendersi quello per tutte le 24 ore, mentre - con la circolare n. 32 del 06.03.2012 - ha individuato tre eccezioni in presenza delle quali, anche in caso di ricovero ospedaliero, i "permessi 104" possono essere comunque concessi:
La norma di riferimento
Preliminarmente chiariamo che, a norma del succitato art. 33, quando si parla dei permessi concessi con la Legge 104, ci si riferisce ai periodi retribuiti di assenza dal lavoro, che possono essere riconosciuti a lavoratori disabili in situazione di gravità o ai lavoratori con familiari con disabilità grave.
Si parla di disabilità grave quando, in relazione all’età del soggetto disabile, la minorazione ha diminuito l’autonomia personale e ha reso necessaria l’assistenza generale, permanente e continuativa.
La disciplina dei permessi per assistenza è stata oggetto, nel corso del tempo, di alcune revisioni ad opera del legislatore nonché di vari chiarimenti forniti dalla prassi amministrativa, che hanno provveduto a precisare le condizioni cui è subordinato il godimento del diritto a fruire dell’agevolazione e, soprattutto, i soggetti che ne sono titolari.
La legge 104/1992 prevede che i lavoratori dipendenti, del settore pubblico e privato, possano chiedere permessi retribuiti per assistere un familiare entro il terzo grado, in situazione di disabilità grave, sempre che quest’ultimo non sia ricoverato a tempo pieno in una struttura ospedaliera o simile, sia pubblica che privata, che assicuri assistenza sanitaria continuativa (come, ad esempio, una R.S.A.). Questo genere di assistenza, invece, non è garantito nelle residenze alberghiere come le case di riposo.
La sentenza della Cassazione
Proprio sul concetto di ricovero a tempo pieno, di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104, si sono soffermati i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza n. 21416/2019. Essi, innanzitutto, prendendo le mosse dalla giurisprudenza costituzionale sul tema, affermano che "la ratio dell’istituto dei permessi retribuiti mensili consiste nel favorire l’assistenza al soggetto in condizione di handicap grave in ambito familiare, e che risulta incompatibile con la fruizione del diritto all’assistenza da parte del disabile solo quella situazione nella quale l’assistenza è garantita in un ambiente ospedaliero o del tutto similare". Infatti - precisa la Corte - solo le strutture ospedaliere o simili possono farsi integralmente carico - sul piano terapeutico ed assistenziale - delle esigenze del disabile e rendere, quindi, non più indispensabile l’intervento dei familiari.
Il ricovero a tempo pieno – che, come detto sopra, preclude la fruizione dei permessi mensili – può essere, dunque, solo quello presso strutture ospedaliere (pubbliche o private) che siano in grado di garantire un’assistenza sanitaria continuativa, nonché assicurare al disabile grave tutte le prestazioni richieste dal suo stato di salute; qualora, invece, la struttura ospitante non sia attrezzata per fornire prestazioni sanitarie, «si interrompe la condizione del ricovero a tempo pieno in coerenza con la ratio dell’istituto dei permessi (…) che è quella di consentire l’assistenza della persona invalida che non sia altrimenti garantita o per i periodi in cui questa non lo sia».
Attraverso un articolato percorso interpretativo, i giudici giungono a sostenere che il lavoratore ha la possibilità di usufruire dei permessi per prestare assistenza a un suo congiunto anche quando questi è ricoverato presso strutture residenziali di tipo sociale, quali case-famiglia, comunità-alloggio o case di riposo, poiché queste non forniscono assistenza sanitaria continuativa; diversamente non può spettare il beneficio in caso di ricovero dell’assistito presso strutture ospedaliere o, comunque, strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
La prassi amministrativa
Dal canto suo l’Inps, con la circolare n. 155 del 03.12.2010, ha chiarito che, per ricovero a tempo pieno, debba intendersi quello per tutte le 24 ore, mentre - con la circolare n. 32 del 06.03.2012 - ha individuato tre eccezioni in presenza delle quali, anche in caso di ricovero ospedaliero, i "permessi 104" possono essere comunque concessi:
- in caso di interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del familiare in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita, per effettuare visite e terapie appositamente certificate;
- in caso di ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;
- in caso di ricovero a tempo pieno di un disabile in condizione di gravità (non necessariamente minore), per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare.