Nel caso di pubblicazione di un racconto contente minuziose descrizioni di rapporti incestuosi con minorenni non è esclusa la sussistenza del dolo nel reato di istigazione alla pedofilia, anche se la pubblicazione è preceduta da una avvertenza sulla necessità di punire le molestie ai danni dei minori.
Proprio l'art. 414 bis del c.p. predispone una particolare tutela all'ordine pubblico, potenzialmente minacciato dall'istigazione e dall'apologia a commettere delitti di pedofilia e di pedopornografia, punibile anche se realizzato con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione.
L'imputato aveva pubblicato in un dominio liberamente accessibile su Internet un racconto a contenuto erotico e pedofilo, preceduto dalla frase: "L’autore non condona in alcun modo le molestie su minori e crede fermamente che esse vadano punite dalla legge nella maniera più severa". Il giudice di prime cure ed, in seconda battuta, la Corte d'Appello aveva raffigurato in questa azione il reato di istigazione alla pedofilia ex art. 414 bis del c.p..
Presentato ricorso in Cassazione, la difesa aveva sottolineato la errata interpretazione delle Corti, poiché l'art. 414 bis del c.p. rappresenta un reato di pericolo concreto e la soglia di rilevanza penale non potrebbe arretrare fino a ricomprendere ipotesi non pericolose. Tale reato, poi, richiede l'accertamento del dolo specifico, che non sussisterebbe proprio in forza dell'avvertenza scritta.
L'imputato aveva pubblicato in un dominio liberamente accessibile su Internet un racconto a contenuto erotico e pedofilo, preceduto dalla frase: "L’autore non condona in alcun modo le molestie su minori e crede fermamente che esse vadano punite dalla legge nella maniera più severa". Il giudice di prime cure ed, in seconda battuta, la Corte d'Appello aveva raffigurato in questa azione il reato di istigazione alla pedofilia ex art. 414 bis del c.p..
Presentato ricorso in Cassazione, la difesa aveva sottolineato la errata interpretazione delle Corti, poiché l'art. 414 bis del c.p. rappresenta un reato di pericolo concreto e la soglia di rilevanza penale non potrebbe arretrare fino a ricomprendere ipotesi non pericolose. Tale reato, poi, richiede l'accertamento del dolo specifico, che non sussisterebbe proprio in forza dell'avvertenza scritta.
La Corte ha ritenuto infondato il ricorso, argomentando come segue.
L'art. 414 bis del c.p., al pari della norma generale sull'istigazione a delinquere ex art. 414 bis del c.p., costituisce un reato di pericolo concreto che richiede un comportamento, sulla base del giudizio ex ante, effettivamente idoneo a provocare la commissione del delitto. Alla fine della configurabilità è, dunque, essenziale la valutazione sulla sua capacità di determinare un rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quello istigato. Queste norme, infatti, costituiscono una eccezione alla regola generale di irrilevanza penale dell'istigazione non accolta o, in ogni caso, accolta ma non seguita dalla commissione del reato istigato, giustificata dall'esigenza di tutela anticipata del bene.
Per quanto riguarda, dunque, la concretezza del pericolo, che secondo la difesa appariva scollegata dalla effettiva commissione dei reati da parte dei lettori, la sentenza ha opportunamente richiamato i commenti alla storia che comprovano la forza e l'efficacia concreta, e non solo teorica, dello scritto.
Oltre a ciò, la Corte ha richiamato l'attenzione su come la norma dell'art. 414 bis del c.p. specifichi che non possano essere invocate come scusanti ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume. Seppur l'applicazione debba sempre avvenire con un occhio di riguardo all'art. 21 Cost., il fine della norma non è quello di incriminare vere manifestazioni del pensiero, limitando quindi la libertà di espressione, ma bensì di impedire condotte delittuose che coinvolgano la pubblica istigazione di reati contro l'integrità dei minori.
Infine, è stato specificato come il reato in esame non richieda un dolo specifico, bensì è sufficiente la consapevolezza che la condotta sia dotata di una forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell'animo dei destinatari alla commissione dei fatti criminosi esaltati. Quindi, nel caso di specie, i Supremi Giudici hanno preso in considerazione la potenzialità emulativa del narrato, dato anche il facile accesso alle informazioni grazie alla pubblicazione su Internet.
L'art. 414 bis del c.p., al pari della norma generale sull'istigazione a delinquere ex art. 414 bis del c.p., costituisce un reato di pericolo concreto che richiede un comportamento, sulla base del giudizio ex ante, effettivamente idoneo a provocare la commissione del delitto. Alla fine della configurabilità è, dunque, essenziale la valutazione sulla sua capacità di determinare un rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quello istigato. Queste norme, infatti, costituiscono una eccezione alla regola generale di irrilevanza penale dell'istigazione non accolta o, in ogni caso, accolta ma non seguita dalla commissione del reato istigato, giustificata dall'esigenza di tutela anticipata del bene.
Per quanto riguarda, dunque, la concretezza del pericolo, che secondo la difesa appariva scollegata dalla effettiva commissione dei reati da parte dei lettori, la sentenza ha opportunamente richiamato i commenti alla storia che comprovano la forza e l'efficacia concreta, e non solo teorica, dello scritto.
Oltre a ciò, la Corte ha richiamato l'attenzione su come la norma dell'art. 414 bis del c.p. specifichi che non possano essere invocate come scusanti ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume. Seppur l'applicazione debba sempre avvenire con un occhio di riguardo all'art. 21 Cost., il fine della norma non è quello di incriminare vere manifestazioni del pensiero, limitando quindi la libertà di espressione, ma bensì di impedire condotte delittuose che coinvolgano la pubblica istigazione di reati contro l'integrità dei minori.
Infine, è stato specificato come il reato in esame non richieda un dolo specifico, bensì è sufficiente la consapevolezza che la condotta sia dotata di una forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell'animo dei destinatari alla commissione dei fatti criminosi esaltati. Quindi, nel caso di specie, i Supremi Giudici hanno preso in considerazione la potenzialità emulativa del narrato, dato anche il facile accesso alle informazioni grazie alla pubblicazione su Internet.
La Corte, in conclusione, con la pronuncia 18 giugno 2021, n. 23943, ha respinto il ricorso e confermato il reato di istigazione.