Stando a quanto affermato dal Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 583 del 18 dicembre 2015, sembrerebbe proprio di sì.
Nel caso esaminato dal Tribunale, due lavoratori avevano agito in giudizio nei confronti dell’azienda loro datrice di lavoro, “al fine di sentire accertare e dichiarare il proprio diritto all'utilizzo di una fascia di almeno dieci minuti sia all'inizio che alla fine del turno lavorativo, all'interno dell'orario lavorativo, per indossare e/o dismettere la divisa aziendale”, con conseguente condanna della’azienda stessa a corrispondere la relativa retribuzione.
I dipendenti, in particolare, “evidenziavano di essere personale turnista infermieristico, e ostetrico e di comparto (…), e, al fine dell'esercizio della loro attività professionale, di essere tenuti ad indossare e a dismettere la divisa di lavoro presso ambienti appositamente individuati all'interno della struttura in cui operano”.
Secondo i ricorrenti, dunque, “tale adempimento di vestizione e svestizione sarebbe imposto non solo da rigorose regole igieniche legate alla specifica natura del lavoro esercitato ma anche da direttive interne e richiederebbe un tempo ad oggi non riconosciuto all'interno del debito orario di lavoro e quindi non retribuito”.
L’azienda si costituiva in giudizio, contestando quanto affermato dai due dipendenti e chiedendo il rigetto delle relative domande.
Il Tribunale riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti.
Osservava il Tribunale, in proposito, che la regola di cui al R.D. 5 marzo 1923 n.692, art.3, in base alla quale “è considerato lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un'occupazione assidua e continuativa”, rappresenta un principio consolidato e “non preclude che il tempo impiegato per indossare la divisa sia da considerarsi lavoro effettivo e debba essere retribuito, ove tale operazione sia diretta dal datore di lavoro, il quale ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, ovvero si tratti di operazioni di carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell'attività lavorativa”.
Peraltro, il Tribunale rilevava che anche la giurisprudenza comunitaria, con la sentenza 09 settembre 2003 – causa C- 151/02 par.58 ss, ha affermato che “per valutare se un certo periodo di servizio rientri o meno nella nozione di orario di lavoro, occorre stabilire se il lavoratore sia o meno obbligato ad essere fisicamente presente sul luogo di lavoro e ad essere a disposizione del datore di lavoro per poter fornire immediatamente la propria opera”.
Secondo il Tribunale, alla luce di tali considerazioni, è possibile “distinguere nel rapporto di lavoro una fase finale, che soddisfa direttamente l'interesse del datore di lavoro, ed una fase preparatoria, relativa a prestazioni od attività accessorie e strumentali, da eseguire nell'ambito della disciplina d'impresa (art.2104, comma 2, cod.civ.) ed autonomamente esigibili dal datore di lavoro, il quale ad esempio può rifiutare la prestazione finale in difetto di quella preparatoria”.
Pertanto, secondo il giudice, “al tempo impiegato dal lavoratore per indossare (e togliere) gli abiti da lavoro – tempo estraneo a quello destinato alla prestazione lavorativa finale – deve corrispondere una retribuzione aggiuntiva”.
Sull’argomento ha avuto modo di pronunciarsi, infatti, anche la Corte di Cassazione, la quale ha precisato che “le attività preparatorie vanno distinte in remote (per es. il tragitto necessario per recarsi sul posto di lavoro) e dirette, per le quali ultime il discrimine è costituito dalla disciplina contrattuale del caso concreto, per cui per valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica. In particolare, ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo ed il luogo dove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita; mentre se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad esso necessario deve essere retribuito".
Ebbene, nel caso di specie, risultava, secondo il Tribunale “incontestato che il personale infermieristico deve necessariamente indossare e dismettere la divisa di lavoro per intuibili ragioni di igiene, negli stessi ambienti dell'azienda (e non a casa), prima dell'entrata e dopo l'uscita dai relativi reparti, rispettivamente prima e dopo i relativi turni di lavoro”.
Risultava, inoltre, pacifico che, “indipendentemente dall'orario di timbratura, la retribuzione viene corrisposta solo a decorrere dall'inizio formale del turno e fino all'orario formale di cessazione del turno, non essendo prevista la retribuzione oltre tale momento”.
Dunque, dal momento che i lavoratori dovevano “essere in reparto per l'orario previsto per l'inizio del turno con la divisa già indossata e non potendo vestire detta divisa se non cambiandosi d'abito negli spogliatoi dell'Azienda Ospedaliera”, ciò comportava “il diritto alla retribuzione di volta in volta maturata per il tempo che sia stato di fatto effettivamente utilizzato, prima e dopo l'orario del proprio turno, per la vestizione e la svestizione della divisa aziendale, trattandosi di un tempo di effettivo lavoro”.
Quanto alla questione relativa alla determinazione della durata del tempo necessario alla vestizione e vestizione, stante la difficoltà di accertarla con precisione, il Tribunale riteneva di doverla determinare “in via equitativa e con prudente apprezzamento ex art. 432 c.p.c., quantificando in 10 (dieci) minuti aggiuntivi la durata per la vestizione in ingresso ed altrettanti per la vestizione in uscita, con conseguente diritto alla relativa retribuzione”.
In conclusione, il giudice dichiarava il diritto dei dipendenti ad essere retribuiti “per le prestazioni di lavoro rese nel tempo impiegato oltre l'orario del normale turno per indossare o dismettere la divisa di lavoro, quantificando a tal fine la durata media di detti incombenti in dieci minuti all'inizio ed altrettanto alla fine di ogni turno effettuato”.