Nel caso esaminato dagli Ermellini, la Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato un imputato per il reato di “guida in stato di ebbrezza”, di cui all’art. 186 Codice della Strada.
Nello specifico, l’imputazione si era fondata sull’accertamento del tasso alcolemico, rilevato con “due misurazioni eseguite a distanza di 1 ora e 17 minuti ed 1 ora e 27 minuti dal momento della guida, con risultati rispettivamente di 0,88 g/l e 0,89 g/l”.
Il giudice di primo grado era giunto alla decisione di dover assolvere l’imputato, “ritenendo sussistente il ragionevole dubbio che durante la guida del mezzo il ricorrente, pur avendo assunto bevande alcoliche, non avesse nel sangue una concentrazione alcolica superiore a 0,8 g/l”.
La Corte d’appello, tuttavia, aveva ritenuto che tale “dubbio del primo giudice” fosse infondato, in quanto, da un lato, non è possibile leggere gli accertamenti dell’alcoltest “con la lente delle variabili soggettive delle tempistiche di assorbimento dell’alcol” e, d’altro lato, i risultati ottenuti con l’alcoltest vanno riferiti, comunque, “al momento della conduzione del veicolo (…) a meno che si dimostri un’assunzione intermedia”.
Ritenendo la decisione d’appello ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Osservava il ricorrente, in particolare, che, dagli accertamenti tecnici effettuati in corso di causa, era stato verificato che, al momento della misurazione, l’imputato si trovava ancora “in fase ascendente di assorbimento dell'alcool e, pertanto, andando a ritroso al momento della guida, il valore alcolemico era sicuramente inferiore e al di sotto del valore soglia di 0,8 g/l”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’imputato e rigettava il relativo ricorso, in quanto infondato.
In proposito precisava che in tema di guida in stato di ebbrezza, rilevato da alcoltest, è l’imputato a dover dimostrare la sussistenza “di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato”, fermo restando che, a tal fine, è irrilevante “il solo intervallo temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e l'espletamento dell'accertamento”. Infatti “il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico”.
Nel caso di specie, dunque, la Corte d’appello aveva dato corretta applicazione a tali principi, evidenziando la “impossibilità di fondare un giudizio di ragionevole dubbio in ordine alla configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza sul mero dato costituito dal lasso temporale (più o meno breve) decorso tra la conduzione del veicolo e l'effettuazione delle prove alcolimetriche”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.