Sono comminate, invece, solo sanzioni di carattere pecuniario, di tipo amministrativo, a coloro che non hanno pagato i tributi dovuti, ma non sono andati oltre i confini definiti ex lege.
Anzitutto il tributo viene definito come la somma che i contribuenti devono versare allo Stato, alla Pubblica Amministrazione e agli enti locali, quali Comuni, Regioni e Province.
All’interno della categoria dei tributi, si distinguono le tasse e le imposte.
Le prime vengono richieste quando si usufruisce di uno specifico servizio al fine di finanziare il servizio stesso, alcuni esempi possono essere la TARI, le tasse sull’istruzione o sulla sanità.
In tal senso la tassa grava solo su chi ha beneficiato di una determinata attività, svolta da un ente pubblico o dallo Stato cui ci si sia rivolti per chiedere il servizio.
Le imposte, invece, non sono collegate alla fruizione di uno specifico servizio e sono basate sulle rispettive capacità contributive dei contribuenti, ne sono esempio l’Irpef, l’Imu, l’imposta di registro. Il pagamento dell’imposta non è richiesto per finanziare qualcosa e ricevere un beneficio in cambio, ma lo Stato ha la libertà di utilizzare quanto ricavato laddove ritiene ve ne sia più necessità.
La fase di accertamento ha avvio con un avviso in forma di diffida con cui la pubblica amministrazione contesta al contribuente evasore l’irregolarità, chiedendo il versamento delle somme dovute e fissando un termine entro il quale si dovrà omologare.
Al suo interno sono esplicitate chiaramente le somme che egli ha evaso, le sanzioni che ne sono ricollegate e ogni interesse moratorio maturato; il che potrebbe portare ad importo molto più elevato rispetto alla tassa iniziale.
Le sanzioni amministrative di tipo tributario che vengono comminate si prescrivono nel termine di cinque anni dal momento della comunicazione, a prescindere dal termine di tributo che potrà essere anche più lungo.
Accanto alle sanzioni tributarie da considerare anche quelle penali che vengono in rilievo solo al passaggio di determinate soglie che comportano la consumazione del reato.
Unica agevolazione prevista è la possibilità di avere uno sconto sulla sanzione se viene pagata nell’immediato o per lo meno entro l’anno dall’accertamento, poiché sarebbe una manifestazione del cosiddetto ravvedimento operoso.
Si prevede il ricorso allo strumento dell’impugnazione dinanzi all’autorità giudiziaria quando l’avviso di accertamento non si dimostri corretto o sia affetto da errore.
Nell’ipotesi contraria, ovvero quando non vi è intenzione di contestare l’accertamento, esso diventa definitivo e non più impugnabile. In questo momento l’ente titolare del credito può formare il cosiddetto ruolo, in cui è definito il diritto di credito, comprensivo di importo della tassa, sanzione e annualità di riferimento.
Le procedure per il recupero del credito sono poi avviate dall’Agente per la Riscossione Esattoriale, che per lo Stato è l’Agenzia Entrate Riscossione, mentre per i crediti degli enti locali, Comuni, Province, Regioni, sono società private che hanno stipulato una apposita convenzione con l’amministrazione.
La cartella esattoriale, contenente tutti i dettagli dei tributi dovuti, delle relative sanzioni e degli interessi, viene notificata al contribuente cui viene intimato il pagamento; anche se spesso gli viene inviata solo una lettera di presa in carico poiché gli avvisi di accertamento sono immediatamente esecutivi.
Le successive procedure esecutive, quindi il pignoramento dei beni del debitore, vengono avviate al passaggio di 60 giorni dalla notifica della cartella stessa senza il pagamento del debitore.
Altra ipotetica conseguenza negativa è l’avvio di una procedura cautelare, come un’ipoteca sugli immobili o il fermo amministrativo sull’auto.
Ovviamente, il nullatenente, ovvero colui che ha solamente beni impignorabili, come la prima casa o la pensione minima, non subirà alcuna conseguenza di questo tipo.
I reati tributari sono molteplici e differenziati in base alla loro gravità; si ricordano la dichiarazione infedele, la dichiarazione omessa, la dichiarazione fraudolenta, l’omesso versamento Iva, l’omesso versamento di ritenute, l’emissione di fatture false, l’occultamento o distruzione di documenti contabili o l’utilizzo di fatture false.
La legge pone una disciplina appropriata per ogni reato, che è perfezionato solo quando sono superate determinate soglie di evasione.
Nella dichiarazione infedele, ovvero l’incasso dei compensi senza denuncia al fisco, si configura il reato solamente alla presenza di questi presupposti:
- l’imposta evasa è superiore a 100 mila euro;
- i redditi non dichiarati superano il 10% del totale o comunque i 2 milioni di euro.
Quando queste soglie non sono raggiunte si prevede solo l’accertamento fiscale con le sanzioni tributarie e la conseguente riscossione esattoriale.
Nel caso in cui la dichiarazione venga omessa, quindi non sia nemmeno presentata all’Agenzia delle Entrate, la condotta integra reato solo se l’imposta evasa ha un importo superiore ai 50 mila euro, al contrario saranno comminate solo sanzioni tributarie.