La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3295 del 24 gennaio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione, il Tribunale di Catanzaro aveva confermato il provvedimento con cui il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.), finalizzato alla confisca (art. 322 ter c.p.), dell’autovettura concessa in leasing all’amministratore unico di una società, indagato per evasione fiscale.
Secondo il Tribunale, in particolare, il sequestro doveva ritenersi legittimamente disposto, nonostante l’autovettura non fosse di proprietà dell’indagato, dal momento che il provvedimento aveva ad oggetto “non la confisca dell'autoveicolo ma la sola sua sottrazione alla disponibilità dell'indagato”.
Ritenendo il sequestro ingiusto, l’indagato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenerne l’annullamento.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dall’amministratore della società, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che - sebbene fosse vero che “il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non può avere ad oggetto beni che l'imputato detiene in virtù di un contratto di leasing, dovendo questi ultimi ritenersi appartenenti a terzi estranei al reato” – l’utilizzatore non era legittimato a far valere tale insequestrabilità, dovendo la medesima essere eccepita dal concedente.
Evidenziava, in proposito, la Corte, che l’insequestrabilità all’utilizzatore di un bene concesso in leasing trova il suo fondamento nel fatto che “il bene stesso non è appartenente al destinatario del sequestro ma ad un terzo soggetto”, con la conseguenza che “eventuale titolare del diritto alla restituzione del bene, in caso di revoca o annullamento del provvedimento cautelare”, è “il soggetto che vanti un diritto assoluto sul bene stesso”, vale a dire, il concedente.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’utilizzatore dell’autovettura sequestrata, dichiarandolo inammissibile, per i motivi sopra esposti.