Ma se l’immobile in questione è abusivo, il diritto all’indennità di espropriazione sussiste ugualmente?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27863 del 22 novembre 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dagli Ermellini, la Corte d’appello di Salerno aveva condannato un’azienda ferroviaria a versare, in favore di un soggetto, l'indennizzo da “espropriazione larvata” (art. 44 d.p.r. n. 327 del 2001), subita da un immobile di proprietà dello stesso, “a causa della vicina realizzazione della linea ferroviaria ad Alta Velocità”.
L’azienda, ritenendo la decisione ingiusta, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo la ricorrente, in particolare, l’indennizzo non avrebbe dovuto essere riconosciuto, in quanto l’immobile in questione era “abusivo per dimensioni (…) e per destinazione (uso abitativo in luogo di uso industriale)”.
La Suprema Corte riteneva, in effetti, di dover dar ragione all’azienda, accogliendo il relativo ricorso, in quanto “manifestamente fondato”.
Osservava la Cassazione, in proposito, che con una sua precedente pronuncia (sentenza n. 19972 del 2009), già aveva precisato che non è più consentito “che chi versi in una condizione di illiceità tragga vantaggio da essa”, con la conseguenza che l’indennità di espropriazione può essere pretesa “solo dal proprietario di una costruzione che - anche a posteriori, per effetto della sanatoria intervenuta - sia considerata legittima”.
Secondo la Cassazione, dunque, “l'indennizzo non compete per le costruzioni abusive o non ancora sanate - salvo si lamenti un danno generico alla proprietà del fondo inedificato”.
Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione evidenziava che, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, era emerso che “l'immobile era stato realizzato con dimensionamento diverso da quello oggetto di concessione e diversa ne era stata pure la destinazione”, con la conseguenza che, “poichè nessuno dei suddetti abusi era stato sanato, nessun titolo giustificava il riconoscimento dell'indennità richiesta”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’azienda ferroviaria, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Salerno, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.