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I criteri di determinazione del quantum dell’assegno in caso di scioglimento dell’unione civile

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I criteri di determinazione del quantum dell’assegno in caso di scioglimento dell’unione civile
Le Sezioni Unite sono chiamate a pronunziarsi in relazione alla possibilità di considerare anche i fatti anteriori alla costituzione dell’unione civile ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento.
La sezione civile I della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria del 27 gennaio 2023, n. 2507, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione circa la determinazione dell’assegno di mantenimento in caso di cessazione dell’unione civile: in particolare, ci si chiede se, ai fini della sua quantificazione, rilevino anche i fatti anteriori all’unione stessa intercorsi tra le parti.

In via sistematica, si osserva che l’art.1, comma 25, della Legge sulle unioni civili e convivenze [DOPPIONE - aggiornata con i collegamenti] opera un rinvio all’art. 5, comma 6, della Legge sul divorzio , disciplinante la determinazione dell’assegno di mantenimento in caso di rottura del vincolo coniugale tra persone unite in vincolo matrimoniale: anche per i soggetti uniti civilmente, pertanto, “il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

Sul punto, la giurisprudenza si interroga circa la rilevanza dei fatti anteriori ai fini della determinazione dell’assegno de quo: in altri termini, ci si chiede se siano, o meno, da prendere in considerazione le condizioni economiche dei soggetti uniti civilmente anche prima della formazione dell’unione civile, o meno, pur essendovi già tra gli stessi una stabile relazione affettiva.

Secondo un primo filone giurisprudenziale, sono irrilevanti i fatti connessi al periodo di convivenza, ma antecedenti alla stessa, ai fini del al riconoscimento dell'assegno periodico. Sebbene dai suddetti fatti è possibile dedurre, ex se, le caratteristiche del rapporto fattuale e materiale vigente tra i soggetti uniti affettivamente, e poi civilmente, tuttavia è impossibile tenere in considerazione gli stessi alla luce dell’art. 11 delle disposizioni preliminari del codice civile, il quale prevede la naturale irretroattività dell’applicazione della legge in materia civile.

Difatti, solo la legge penale, se in senso favorevole, può esplicare efficacia retroattiva a favore dei consociati; per le disposizioni normative di diversa natura (civile, ovvero amministrativa), vale l’opposto principio di irretroattività, in base al quale l’applicazione della legge vale solo per i fatti successivi alla sua entrata in vigore. Secondo le regole generali, difatti, la legge può avere natura retroattiva solo qualora ciò sia espressamente previsto dal legislatore: nel caso di specie, la novella disposizione del 2016 avrebbe potuto, in astratto, avere carattere retroattivo solo qualora, espressamente, il legislatore avesse previsto l’estensione della disposizione in esame anche ai fatti pregressi all’unione stessa (cfr. Cass. civ. n. 30671/2022).

Secondo diverso e contrapposto filone giurisprudenziale, invece, ai fini della determinazione dell’assegno de quo, vanno tenuti in considerazione anche i fatti pregressi alla formazione del vincolo unionale tra coppie aventi lo stesso sesso. Ciò alla luce del rinvio espresso che la norma del 2016 fa alla legge sul divorzio, la quale, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento tra i coniugi, tiene in considerazione anche i fatti pregressi al vincolo matrimoniale, sia individuali (in particolare, lo status economico dei nubendi prima del vincolo matrimoniale), che collettivi (da intendersi quale considerazione dello status economico degli sposi nel periodo eventuale di convivenza de facto antecedente al matrimonio).

L’orientamento in esame, tuttavia, non omette di indicare la presenza di una lacuna (involontaria) nel sistema, essendo che il legislatore non ha precisato, in merito alle unioni civili, la necessità, o meno, di considerare i fatti pregressi nella quantificazione dell’assegno da devolvere al momento della cessazione: così che è compito dell’interprete individuare, in relazione ai casi di specie, la necessità di considerare, o meno, i fatti antecedenti al vincolo tra i soggetti uniti civilmente (cfr. Cass. civ. n. 16039/2016 e Cass. civ., sez. un., n. 2926/1967, Cass. civ. n.27015/2022).

Dato l’imminente contrasto, la I Sezione della Corte di Cassazione ha richiesto l'intervento delle Sezioni Unite, al fine di risolvere la quaestio iuris circa la determinazione del quantum dell’assegno in caso di cessazione dell’unione civile tra soggetti uniti civilmente.


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