L’art. 65 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, cosiddetto decreto “Cura Italia”, ha, infatti, disposto che “Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.
Tale previsione normativa ha, tuttavia, fatto sorgere alcuni dubbi in capo ai conduttori di immobili commerciali, in relazione, ad esempio, alle tipologie di immobili o di attività che ne risultino escluse.
Una risposta a tali interrogativi è stata fornita dalla circolare n. 8 del 3 aprile 2020 dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha, innanzitutto, chiarito che, nonostante la norma si riferisca, in modo generico, al 60% dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto, rappresentato dal canone stesso. Coerentemente con tale finalità, il credito d’imposta previsto dal decreto “Cura Italia” matura soltanto a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo.
Sul punto, l’Ente di riscossione ha, altresì, precisato che l’importo corrispondente al credito d’imposta può essere utilizzato, a partire dal 25 marzo 2020, esclusivamente in compensazione, utilizzando il modello di pagamento F24, il quale deve essere obbligatoriamente presentato attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate con il codice tributo n. 6914, denominato “Credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi – articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18”. Ciò significa che il locatario di un immobile ad uso commerciale potrà compensare il 60% del canone di locazione, pagato per il mese di marzo 2020, con le imposte dovute al fisco.
Quanto, poi, alle tipologie di immobili interessate dalla previsione del decreto “Cura Italia”, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il citato art. 65 specifica espressamente che gli immobili oggetto di locazione, per i quali è possibile beneficiare del credito d’imposta, sono esclusivamente quelli classificati nella categoria catastale C/1, ossia negozi e botteghe. Ne rimangono, dunque, necessariamente esclusi tutti quei contratti di locazione relativi ad immobili che, pur avendo una destinazione commerciale, rientrano in altre categorie catastali, come, ad esempio, la categoria D/8.
Ulteriori chiarimenti sono stati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale, rispondendo alle domande più frequenti in relazione alle misure economiche adottate per far fronte all’attuale emergenza sanitaria, ha precisato che il locatario di un immobile destinato ad uso commerciale, per beneficiare del credito d’imposta previsto dal decreto “Cura Italia” deve:
- essere titolare di un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di sospensione in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali;
- essere intestatario di un contratto di locazione di un immobile rientrante nella categoria catastale C/1.
Attraverso la previsione di tale beneficio si è, infatti, voluto riconoscere un parziale ristoro dei costi sostenuti per la locazione degli immobili adibiti ad attività al dettaglio che, attualmente, risultino essere inutilizzati. Ne risultano, dunque, necessariamente escluse tutte quelle attività che non siano state soggette agli obblighi di chiusura, in quanto identificate come essenziali, quali, ad esempio, farmacie, parafarmacie e punti vendita di generi alimentari di prima necessità.
Lo stesso Ministero ha, altresì, precisato che la misura in esame si applica esclusivamente ai contratti di locazione di negozi e botteghe, restando, pertanto, esclusi i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi, quali i contratti d’affitto di ramo d’azienda o altre forme contrattuali che regolino i rapporti tra locatario e proprietario per gli immobili ad uso commerciale.